L’ America Latina alle prese con numeri terrificanti della pandemia guarda ai cambiamenti politici in atto per uscire da un periodo di crisi economica e di crescente povertà anche nei Paesi più ricchi di risorse. Il decennio di governi conservatori e liberisti ha visto incrementare il divario nella popolazione con la ricchezza concentrata nelle mani delle élite finanziarie e imprenditoriali, mentre la massa delle popolazioni sopravvive a livelli di sussistenza. Prima l’Argentina che nel 2019 ha riportato al potere un presidente peronista, Alberto Fernandez, il quale ha sconfitto il conservatore milionario Macrì. La scorsa estate il Perù ha eletto l’insegnante e sindacalista di sinistra, Pedro Castillo, figlio di contadini analfabeti, bocciando la candidata della destra populista Keka Fujimori figlia, invece, dell’ex presidente e dittatore Alberto.
Ora il Cile che ha appena scelto il successore dell’ultra conservatore Sebastian Pineda battuto alle elezioni di dicembre dal giovane Gabriel Boric (36 anni), leader del partito progressista (nella foto). In attesa di vedere cosa accadrà il prossimo ottobre in Brasile dove vacilla la poltrona dell’ex militare di estrema destra Bolsonaro e si prospetta un ritorno alla grande dell’ex presidente Lula da Silva, emblema del partito dei lavoratori, che dopo il carcere e la riabilitazione giudiziaria oggi si avvicina al 50 per cento dei consensi nei sondaggi.
Noi sardi abbiamo sempre guardato con interesse alle vicende dell’America del Sud, in particolare dell’Argentina, meta ambita per migliaia di nostri emigrati. In numero assai minore in Uruguay, Brasile e Cile, dove comunque la presenza italiana in generale è tradizionalmente forte. Ricordiamo l’amicizia con il gruppo musicale degli Inti illimani che dall’esilio italiano furono il simbolo della protesta contro la feroce dittatura di Pinochet. Accolti negli anni settanta con calore ed affetto, qui in Sardegna suonavano nelle piazze affollate ed erano spesso ospiti di Pinuccio Sciola a San Sperate in quella casa-laboratorio-museo nella quale l’indimenticato scultore amava riunire musicisti, intellettuali e artisti di ogni parte del mondo. Memorabili incontri in cui la musica parlava di politica, di sogni, di libertà. Come racconta Aldo Brigaglia, noto giornalista ed editore, che ai sei giovani cileni ha dedicato ben due libri intitolati “Intillimania”. Giravano l’Europa, ma soprattutto l’ Italia, dove cantavano e suonavano in nome della solidarietà politico-sociale, condividendo la musica andina con testi rimasti scolpiti nell’inconscio collettivo che ancora oggi – sottolinea Brigaglia – sono ben vivi in chi li ricorda, inneggiando all’unità del popolo unito: “El pueblo unido jamàs serà vencido”.
Quell’unità che il nuovo Cile del neoeletto Boric oggi sembra voler trovare, superando una divisione rimasta anche dopo la caduta e la morte di Pinochet. Lo scorso dicembre è stato eletto con il 55 per cento dei voti, la stessa percentuale con la quale nel1988 il referendum popolare chiuse con la dittatura senza però riuscire a dissolvere il vento della destra che ha continuato a soffiare sino all’ultime elezioni. Boric ha battuto il candidato conservatore José Antonio Kast che ha sempre ammesso di essere un ammiratore di Pinochet e Hitler. Fino agli ultimi giorni gli sfidanti erano in parità, poi Boric ha trionfato nonostante tutti gli ostacoli. Boric non è un comunista, ma guida una coalizione progressista più ampia possibile con le donne e la comunità lgbt+ a fare da bandiera. Nei giorni scorsi ha ribadito che non appena a marzo si insedierà alla Moneda avvierà subito il suo programma di grandi riforme. Intanto ha già annunciato la squadra di governo: 24 ministri con ben 14 donne, alcune ai dicasteri più importanti. Tra le prescelte spicca il nome dall’alto valore simbolico di Maya Fernandez, la nipote di Salvador Allende (il presidente ucciso nel 1973 durate il golpe di Pinochet), alla quale è stato affidato il ministero della Difesa. Età media dei ministri 49 anni.
Tra gli osservatori italiani più esperti dell’America Latina spicca la giornalista e blogger cagliaritana Gabriella Saba, autrice di saggi e di articoli su diverse testate nazionali. L’elezione di Boric – sostiene in un suo post – può davvero cambiare il Cile, che conosce bene per averci vissuto a lungo, «perché Boric rappresenta quelle nuove generazioni di giovani che oltre le proteste e la rabbia, possono trovare qualcosa di nuovo». Così gli ultimi eventi politici fanno pensare che l’onda progressista possa continuare a montare in tutta l’America Latina.