L’anniversario dell’8 settembre, quest’anno ricorrono gli ottant’anni, rievoca decisivi momenti della nostra storia. Il tracollo del regime fascista e l’inizio di una nuova epoca che porterà alla nascita della Repubblica. Un tempo ormai lontano eppure così vicino tanto da suscitare accese polemiche che dal piano storico scivolano sull’agone politico, facile strumentalizzazione per chi vuol presentare i fatti a proprio uso e consumo. L’uscita in anteprima alla mostra di Venezia del film “Il Comandante”, a pochi giorni dalla ricorrenza, sono solo l’ennesimo e più recente esempio di questo sport senza più regole in cui vince chi la spara più grossa, ma in pratica non vince nessuno. A perdere, di certo, è la verità dei fatti che si continuano a leggere secondo le ideologie e l’utilità politica, senza considerare il contesto in cui sono accaduti. Il “Comandante” del film è Salvatore Todaro, un personaggio eroico che oggi sarebbe il leader esemplare di tutte le Ong impegnate nelle missioni di salvataggio dei migranti. Un mito della Marina italiana: medaglia d’oro al valor militare, ricordato oltre per le numerose imprese di guerra sul sommergibile “Cappellini”, anche per la sua etica, il coraggio l’umanità. Due, tra i tanti, gli episodi celebri. Nell’ottobre del 1940, mentre si trovava all’altezza dell’arcipelago di Madera, il suo sommergibile avvistò il piroscafo belga Kabalo che stava trasportando attrezzature belliche inglesi e lo affondò. La regola della guerra avrebbe voluto che il sommergibile si dovesse allontanare prima possibile, invece Todaro ordinò al suo equipaggio di andare a recuperare i soldati nemici. Così fece portando i naufraghi sino alle Azzorre.
La sua disobbedienza equivaleva a un atto di insubordinazione, poiché gli ordini dell’ammiraglio tedesco Donitz erano quelli di non soccorrere i superstiti. E quell’episodio non sarebbe rimasto isolato. Todaro tornò a far parlare di sé l’anno dopo, il 5 gennaio 1941, salvando diciannove marinai del piroscafo inglese Shakespeare, dopo averlo affondato in Atlantico. Todaro verrà ucciso nel dicembre 1942 da una raffica sparata da un aereo inglese. Aveva soli 34 anni.
Questi sono i fatti storici e così il film vuole raccontare la figura del “Comandante”, tratta dall’omonimo libro di Sandro Veronesi ed Edoardo De Angelis. Ovviamente la critica italiana si è subito divisa, secondo le testate dei giornali, arrivando a scrivere che per «festeggiare il primo governo di matrice fascista della storia della Repubblica, la “Mostra di Venezia” apre con un film che ha trasmesso al Paese questi due messaggi: il fascismo ha realizzato anche cose buone, gli italiani sono brava gente», solo per citare il “Fatto quotidiano”. E sin qui ci sta, si specchia in pieno nei talk show televisivi e sui titoli dei vari giornali che si sono contrapposti con critiche negative e positive. Queste ultime puntando correttamente sulla “riscoperta” di un vero eroe (chi può negarlo?) quale fu il siciliano Todaro, sia come coraggioso ufficiale che uomo dai valori umani universali. A lui, la moglie portoghese di un marinaio salvato, scrisse riconoscente: “Esiste un eroismo barbaro e un altro davanti al quale l’anima si mette in ginocchio: il vostro”.
Sul fronte delle critiche non potevano mancare alcuni giornali inglesi, quali il Telegraph e il Guardian, che hanno accusato il film di mostrare lo stereotipo dell’eroe fascista duro e leale, virile e generoso, che sa uccidere e sa salvare, per dimostrare la tesi che “i fascisti erano uguali agli inglesi”. Un tentativo – sostengono – per salvare la reputazione della Marina italiana. Quale reputazione? Forse quei critici inglesi non ricordano più l’impresa di Alessandria d’Egitto quando i tre piccoli siluri detti “maiali” con sei uomini guidati da Luigi Durand de La Penne affondarono le due supercorazzate di Sua Maestà britannica. Dieci minuti prima dell’esplosione l’ufficiale italiano appena catturato e richiuso nella stiva della “Valiant” avvisò il comandante Morgan di far mettere in salvo l’equipaggio rifiutandosi di dire dove aveva messo l’esplosivo.