Non ci sono mai risposte

Il politichese e l'arte della supercazzola

«La politica non ci lasci soli»: quante volte abbiamo sentito questo appello ai governanti di turno, ricevendo rassicurazioni e promesse che a distanza di tempo sono ancora nel libro delle buone intenzioni. Quante volte l’hanno detto i parenti dei morti per mano delle mafie o delle stragi, per le tragedie causate dall’incuria del nostro territorio o dalle mancate manutenzioni di ponti, strade e reti ferroviarie. Quante volte abbiamo sentito la disperazione dei semplici cittadini e risparmiatori per riavere quello che hanno perso a causa di amministratori ladri o incapaci. E in questo periodo di crisi devastante a causa della pandemia quanti lavoratori “dimenticati” hanno chiesto un aiuto. Le risposte della classe dirigente le conosciamo e sappiamo bene che dalle speranze alla rassegnazione il passo è breve, finendo nell’ultima tappa della disperazione. 

Così la replica «nessuno sarà lasciato solo» rientra in pieno nella fraseologia delle “supercazzole” dispensate ogni giorno su tv e giornali che riportano un florilegio di luoghi comuni entrati nel linguaggio del dibattito politico.

La supercazzola non è una parolaccia, ma un neologismo mutuato dal cinema che indica «un nonsenso, una frase priva di senso logico, esposta in modo ingannevole, forbito e sicuro a interlocutori che pur non capendo, alla fine la accettano come corretta». Il termine, usato per indicare chi parla senza dire nulla, dal 2015 si ritrova nel Dizionario Zingarelli e fa parte a pieno titolo della nostra lingua. Diventata popolare grazie al film di Monicelli “Amici miei” (1975) la supercazzola era l’arte delle burle messe a segno dal mitico Ugo Tognazzi-conte Mascetti e dai suoi compagni di avventure. Da allora si è trasformata nell’arte del linguaggio politico che ha assunto la supercazzola come massima espressione del discorso quando non si ha nulla di concreto da annunciare, ma qualcosa da affermare in ogni caso.

Alla supercazzola e all’utilizzo smodato che se ne fa con risultati sconcertanti, è dedicato un divertente e acuto pamplhet uscito di recente in libreria. Gli autori sono il giornalista esperto di marketing Michele Mengoli e il manager bolognese Alberto Forchielli, consulente di multinazionali e imprese statali, diventato famoso al pubblico televisivo per il personaggio che ne ha fatto Maurizio Crozza. Il comico genovese lo ha trasformato nell’opinionista saccente, pelato e vestito di bianco che, disteso nel divano del salotto, paraculeggia gli italiani con lo spettro della Cina “mangiatutto” e del globalismo dilagante.

La supercazzola non ha confini linguistici o tematici. Vale a 360 gradi. Tra le tante affermazioni entrate nella storia ineguagliabile quella dell’ex ministro Claudio Scajola che, «a sua insaputa», acquistò un appartamento di lusso nel cuore di Roma. La lista è infinita. Oggi chiunque può metterci la faccia o si assume la responsabilità (poi non si sa chi paga e come). Inflazionate le battute “bisogna fare sistema, i compagni che sbagliano, aiutiamoli a casa loro, siamo pieni di eccellenze, lo dobbiamo ai nostri giovani”.

Prima del Covid-19 andavano gli ottimistici “sarà un anno meraviglioso” e “si vede la luce in fondo al tunnel”. Dopo il lockdown vanno forte “nessuno deve restare indietro”, “fidatevi dello Stato” e un immancabile “Europa casa comune” dove non si sa più chi sta con l’Ue e chi contro.

Il governatore Solinas

Negli anni del meraviglioso e sorprendete boom economico il cantore assoluto dei supercazzolari ante litteram è stato Ennio Flaiano: è sua, per esempio, l’attualissima «la situazione politica italiana è grave, ma non è seria». Dagli anni Ottanta in poi il tempio privilegiato del dire per non dire è diventato il palcoscenico televisivo e in particolare i talk show che affollano ogni canale nei quali i conduttori faticano a contrastare gli emuli del conte Mascetti. Il linguaggio politichese è sempre più incomprensibile e strutturato su slogan ad effetto validi per un titolo sui giornali, ma privi di vera sostanza.

Qualsiasi supercazzola ovviamente si può ritagliare per i politici sardi. Quest’anno lo scettro spetta senza dubbio al governatore Christian Solinas che con il tormentone del passaporto sanitario (tenuto in piedi pervicacemente sino al giorno dopo l’ordinanza ministeriale) ha creato una grande confusione di comunicazione per viaggi e turismo. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. 

In Sardegna ha tenuto banco anche la polemica “Avanti Savoia” sulle statue da rimuovere e la memoria storica da difendere: da noi più accesa contro il “feroce” Carlo Felice piuttosto che contro il re Vittorio Emanuele III il quale aprì le porte alla dittatura di Mussolini e dopo l’8 settembre fuggì con la corte a Brindisi.

Infine il tema della resilienza che significa «la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi». I sardi sono resilienti per definizione, come diceva l’archeologo Giovanni Lilliu, impermiabili ad ogni dominazione. Per Farchionni invece rappresenta tutti gli italiani alla perfezione: resilienti dalla notte dei tempi, un popolo che non conosce la propria storia e per questo commette sempre gli stessi errori.

 

Fonti:

L’Unione Sarda, 28.07.2020

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