Il settore della nautica ha ripreso a girare a pieno ritmo e continuerà a crescere nei prossimi anni. Una buona notizia anche per la Sardegna, seconda per numero di posti barca (19.292) dietro a Liguria (23.113) e davanti ad altre regioni competitor nel turismo diportistico quali Toscana (17.132), Sicilia (15.874) e Lazio (8.481).
La crisi non aveva risparmiato una delle eccellenze industriali del made in Italy nel mondo, capace di costruire barche, yacht e maxi di grande successo per stile, bellezza e qualità tecniche colpendo brand che sembravano inossidabili. Cantieri chiusi, licenziamenti e cassa integrazione (Arbatax ne sa qualcosa), mercato in picchiata in Italia, ma anche all’estero con il nostro export che nel 2012 aveva fatto registrare una frenata mai vista. Oggi quella crisi è alle spalle, il settore ha voltato pagina e guarda con fiducia al futuro. La conferma arriva dal Salone di Genova dove nei giorni scorsi è stato presentato il rapporto “la Nautica in cifre” di Ucina Confindustria (Unione Nazionale dei Cantieri e delle Industrie nautiche). Oltre alla ripresa con numeri che fanno finalmente gioire, si sottolinea che l’industria italiana della nautica si piazza al secondo posto come player mondiale, dietro al colosso dell’industria americana.
Il dato più significativo – afferma l’analisi di Ucina – riguarda il fatturato globale che nel 2016 ha fatto segnare un +18.6 rispetto all’anno prima, pari a 3,44 miliardi di euro. In Italia il settore rappresenta l’1,92 per cento del Pil con una crescita del 18,9 rispetto all’anno precedente. Numeri importanti, ma è la ripartenza della domanda interna (+24 per cento) a dare ottimismo a tutto il settore.
E dunque anche a chi in Sardegna crede, investe e promuove il turismo nautico come volano per l’economia interna, in grado di creare posti di lavoro nella cantieristica, nell’attività di porti e marina, nello sviluppo dei charter (che questa estate hanno registrato un vero boom) e ovviamente nell’indotto.
L’attuale ripresa deve far riflettere i politici sardi con leggi e incentivi finalizzati a richiamare “clienti” italiani e da ogni parte d’Europa. La nautica potrebbe davvero essere quell’industria ecosostenibile da tutti auspicata promuovendo il turismo da diporto e manifestazione sportive internazionali.
Ma anche gli operatori devono adeguarsi al mercato confrontandosi su qualità dei servizi e soprattutto sui prezzi. Perché scegliere le coste sarde per una vacanza o per lasciare la propria barca tutto l’anno quando Spagna, Croazia, Montenegro, Albania e Grecia offrono prezzi molto più bassi?
Ci culliamo sempre sulla bellezza e unicità del nostro mare, ma pensate che possano bastare per convincere un diportista straniero (ma non solo) a venire nell’Isola? Ci domandiamo perché lo scorso agosto si potevano contare 50, 60 barche alla fonda davanti al porto di Villasimius con posti vuoti nelle banchine: quanti non sono scesi a terra per mangiare, fare shopping e “cambusa” in paese? Il discorso vale anche per gli altri porti sardi, da Teulada ad Alghero, da La Maddalena a Cannigione: banchine sotto utizzate (con la scontata eccezione dell’alta stagione) e cale affollate.
Il problema è di mentalità, incapacità imprenditoriale, scarsa lungimiranza. Come avviene nei ristoranti dove spennano un turista pensando che se non ritorna ci sarà un altro al suo posto. Oggi i porti ci sono, i posti barca abbondano, ciò che manca sono i servizi e una politica dei prezzi con gli operatori che pensano a fare cassa tra luglio e agosto per vivere tranquilli tutto l’anno. Così la Sardegna non sarà mai competitiva e non sfrutterà al meglio il treno di un settore in crescita come la nautica.
Carlo Figari