La nuova avventura editoriale di Nicola Grauso
Dopo la cessione dell’Unione Sarda all’imprenditore Sergio Zuncheddu, che negli accordi prevede l’impegno di non pubblicare niente in Sardegna per cinque anni, puntualmente alla scadenza della tregua contrattuale Grauso torna in campo. Il vulcanico Nichi ha in testa un progetto che andava coltivando sin da metà anni Novanta. La nuova idea era questa: perché non creare un network di testate locali collegate a una testata “madre” in modo da mettere sul mercato un unico quotidiano a diffusione nazionale con ramificazioni nelle varie regioni? Il progetto era semplice: una sola testata EPolis, col richiamo della modernità di internet (la E) e della città (col grecismo polis), col fine di dichiarare una tiratura pari alla somma delle tirature di tutte le testate locali. Il totale previsto avrebbe dovuto superare il mezzo milione di copie distribuite, ponendo il giornale al terzo posto dietro Il Corriere della Sera e La Repubblica.
Nasce EPOLIS: doppia distribuzione
Per arrivare a questo obiettivo era necessario penetrare rapidamente nel mercato utilizzando l’inedita e sindacalmente discutibile formula della doppia distribuzione: gratuita (come una free press) per le strade e a pagamento (50 centesimi, metà prezzo rispetto alla concorrenza) nelle edicole. Partendo da un EPolis sardo il progetto prevedeva la creazione di tante testate gemelle locali, con una parte nazionale realizzata a Cagliari e il resto (Cronache, spettacoli e sport locali) prodotto da mini redazioni sul territorio.
In questo modo Grauso puntava a far diventare EPolis il terzo giornale nazionale, a produrlo con moderne tecnologie in modo agile, con pochi giornalisti rispetto allo sforzo e all’ambizione del progetto e così riducendo i costi redazionali. L’obiettivo manifesto, una volta posizionato ai vertici delle vendite dei quotidiani italiani, era di raccogliere pubblicità sia nazionale che locale. Un progetto ibrido (free press/edicola) che si scontrava, però, con problemi concreti: i costi della carta per fare un giornale ricco e competitivo con una foliazione da quotidiano “vero” e non da free press che prevede al massimo una dozzina di pagine, i costi della stampa e della distribuzione. In più i tempi necessari per arrivare ai traguardi di vendita e diffusione prefissati e comunque non garantiti, prima di poter conquistare il mercato pubblicitario.
Un progetto dunque che nasce con grandi idee, speranze e innovazioni, ma utopistico nella realtà del mercato italiano e fallimentare nei fatti. Prevedeva immediate e sostanziose spese, mentre gli incassi sarebbero arrivati in un futuro non ben ipotizzabile. In pochi anni, come vedremo, Grauso si ritrova con quaranta milioni di debiti.
Il Giornale di Sardegna a Cagliari
Tornando indietro, ecco in sintesi come si sviluppò la nuova iniziativa: il 1° ottobre esce nelle edicole sarde Il Giornale di Sardegna. Il quotidiano, inizialmente di ottanta pagine, viene stampato nella tipografia di Tossilo, Macomer, ed è confezionato da una redazione di 35-40 redattori e da decine di collaboratori in tutta l’Isola, la grafica è di Piergiorgio Maoloni, direttore Antonio Cipriani proveniente da L’Unità, condirettore viene nominato un giornalista di lungo corso e autorevole commentatore quale Giorgio Melis, con un passato all’Unione e alla Nuova. Il giornale parte con una distribuzione nelle edicole (la gran parte su Cagliari e hinterland) e una valanga di copie omaggio diffuse nei piccoli esercizi commerciali, nelle strade e persino davanti alle chiese. Nel momento di lancio raggiunge le 50 mila copie di distribuzione (in realtà le copie effettivamente vendute sono poche migliaia).
Free and pay
Da subito il modello adottato è quello del free and pay. Un anno dopo, il quotidiano cambia struttura e veste grafica, affidandosi allo studio catalano di Cases i Associats, che riprende gli stili e le innovazioni dei quotidiani iberici e sudamericani. E il giornale si sdoppia in due edizioni: Il Sardegna blu (Cagliari e sud Sardegna) e Il Sardegna rosso (nord Sardegna, Sassari e Olbia). Passa un altro anno e Grauso trasforma il progetto local nel network EPolis, che si espande nella Penisola, con cinque redazioni nel Veneto, due in Lombardia, una a Firenze. E ancora, è l’autunno del 2006, il lancio delle edizioni di Roma, Milano e Napoli. Queste ultime vengono prodotte da giornalisti in “telelavoro”, cioè senza redazioni “fisiche”. Una novità, contrastata dal sindacato nazionale, ma che farà da apripista ad altre iniziative editoriale per consentire gestioni “low cost” e assunzioni contrattualmente più deboli di giornalisti.
Le edizioni nella penisola: un network originale
Nascono così il Padova (21 febbraio 2006), il Venezia e il Mestre (2 marzo 2006), il Treviso (14 marzo 2006), il Vicenza (16 marzo 2006), il Verona (21 marzo 2006), il Bergamo (23 marzo 2006), il Brescia (30 marzo 2006), il Firenze (20 giugno 2006), EPolis Roma e EPolis Milano (28 settembre 2006), e infine Il Bologna e Il Napoli (6 dicembre 2006). L’intero gruppo EPolis dichiarava nell’ottobre 2006 una tiratura di circa 780 mila copie, con 136 giornalisti (di cui 40 nella redazione cagliaritana).
Il cuore pulsante di tutti i giornali (i cui contenuti prevedono una parte nazionale comune e una parte locale) resta la redazione centrale di Cagliari. Nell’estate del 2007, il gruppo inizia ad accusare forti perdite. Le economie di scala create con una contrazione dei costi di giornalisti e poligrafici non sono compensate da una riduzione delle spese altissime di stampa e distribuzione. E i ricavi della pubblicità (praticamente gli unici introiti, se si escludono le poche migliaia di copie vendute) non sono sufficienti. Con un passivo pesante, nel luglio del 2007 EPolis sospende le pubblicazioni che saranno riprese a settembre (con tutte le redazioni, esclusa Cagliari, in telelavoro) dopo la cessione delle testate a un gruppo di imprenditori guidati dal trentino Alberto Rigotti.
Cambio alla direzione
Il cambio di direzione (dal primo gennaio del 2008 a Cipriani subentra l’ex inviato di Repubblica Enzo Cirillo) porta a un rilancio effimero. Vengono aperte anche le redazioni di Palermo, Udine e Bari, finché, sommerso dai debiti, il gruppo EPolis sospende le pubblicazioni nell’estate del 2010 avviandosi verso la strada del fallimento e lasciando senza lavoro oltre cento giornalisti in tutta Italia (oltre a decine di amministrativi e poligrafici), che finiscono in cassa integrazione.
La fine del progetto
L’esaltante e quanto bruciante esperienza di EPolis in Sardegna lascia per strada numerosi giornalisti professionisti e uno stuolo di giovani promettenti collaboratori, tutti a caccia di un’occupazione e pronti a rimettersi in gioco pur di riprendere a lavorare. Nell’attesa i professionisti finiscono in cassa integrazione sulle casse della categoria che gestisce il fondo dell’INPGI. Nel 2011 assistiamo a due altre esperienze editoriali, anche queste purtroppo finite ingloriosamente.
EPOLIS nel 2018 continua ad uscire solo a Bari dove, pur cambiando editore, giornalisti e amministrazione, resiste nell’esperienza di giornale alternativo alle testate nazionali e regionali consolidate.