L‘Almanacco gallurese diretto da Giovanni Gelsomino ha raggiunto il numero 28 con il volume 2020-21. Il primo numero (dove gallurese indica le radici, il luogo di nascita non il perimetro geografico degli articoli), infatti, porta la data del 1992 stampato in bianco e nero, compresa la copertina. Oggi, tutto a colori con una grafica e immagini di grande qualità, supera le 300 pagine. Sicuramente è tra le riviste più longeve dell’Isola ed ancora resiste alla crisi che, a causa del crollo e della diversificazione della pubblicità, ha portato alla chiusura di altre “storiche” testate. Questo genere di periodici più che sulle vendite in edicola ha basato il successo editoriale sulla fidelizzazione degli inserzionisti, sulle promozioni degli enti pubblici e su un target mirato di lettori (in gran parte clienti di chi attraverso il giornale promuove immagine e prodotti). Pochi, come l‘Almanacco gallurese, hanno fatto anche la scelta dell’edicola, ottenendo una buona risposta di vendita. Tanto che oggi, nel 2020, siamo ancora qui a parlare di una prestigiosa testata che, pur nascendo in un ambito regionale delimitato dallo stesso nome, nel tempo si è allargata per diffusione e notorietà a tutta l’Isola e anche fuori.
L’almanacco, per definizione, è un genere editoriale-letterario particolare, un “omnibus” che può raccogliere tutto nel suo corposo volume, legato agli eventi di un anno per l’attualità, ma soprattutto alla storia e alla cultura in senso lato dell’intera regione. Chiuso l’Almanacco di Cagliari edito per 54 numeri tra il 1964 e il 2018, da Vittorio Scano (si veda il post in questo sito: il link) che pubblicava anche Sardegna Fieristica, concluse o congelate altre esperienze simili soprattutto di carattere economico, sulla piazza regionale è rimasto solo l’Almanacco gallurese.
Dedicato al Cagliari dello scudetto
Dopo 28 anni, la pubblicazione attira ancora il suo pubblico: l’ultimo numero, come sempre, è dedicato all’isola e ai suoi personaggi con articoli che parlano di archeologia, cronaca, cultura, fotografia, libri, storia, luoghi, natura e altro. In particolare non poteva mancare uno “speciale” per celebrare il mezzo secolo dello scudetto del Cagliari con diversi articoli sui protagonisti di quella indimenticabile impresa non solo sportiva: così su Gigi Riva un ritratto scritto dallo stesso Gelsomino (il quale ha pubblicato anche un libro sul grande campione rossoblù) e un altro pezzo, tra sport e società, firmato da Manlio Brigaglia dall’esplicito titolo: “Riva fa il miracolo, la Sardegna no“.
Il numero 28 si apre ovviamente sul tema della pandemia che ha caratterizzato il 2020 sin dai primi mesi: ecco ben undici articoli a 360 gradi, col punto di vista di chi guarda e scrive dalla Sardegna, che raccontano come abbiamo e stiamo vivendo il difficile periodo del “Coronavirus”. Tra le varie firme dello speciale, due pezzi sono di Ottavio Olita, ex giornalista di Rai Sardegna e scrittore di romanzi e saggi. Da citare, tra i tanti interessanti titoli, nella sezione Anniversari “Il ritorno a casa di Grazia Deledda”, con la rievocazione scritta da Michele Pintore sull’evento del 1959 quando a Nuoro vennero riportate le spoglie della scrittrice barbaricina Premio Nobel per la Letteratura. Tra i personaggi spiccano i due articoli sullo scrittore nuorese Salvatore Mannuzzu (firmati da Alessandro Cadoni e Massimo Onofri) e un ricordo della prestigiosa figura di Tomaso Panu, gallurese doc, ex sindaco di Tempio dove è stato a lungo docente del liceo Dettori, nonché storico della Sardegna e del movimento cattolico, con gli scritti di Antonio Addis, Giuseppe Pulina, Nino Murineddu e Franco Fresu.
In tema di anniversari tondi il numero precedente del 2019-20 era uscito con un dossier sullo sbarco sulla Luna, in occasione dei cinquant’anni dall’epocale evento (nel luglio 2019). «Il numero 27 – spiega l’ideatore e curatore Giovanni Gelsomino – ha in copertina l’immagine dello sbarco sulla Luna. Inoltre, si parla di archeologia, costumi tradizionali, arte, cultura e società di un tempo, dei giorni di Pratobello, della Nuova Sardegna ai tempi di Rovelli, dei preti che hanno fatto il ’68 in Gallura. C’è anche un approfondimento su Palau, sull’acqua Smeraldina, sui vecchi treni, sullo spopolamento dei piccoli centri, su De Andrè, su Manlio Brigaglia e un dossier ampio su Cossiga con foto inedite del funerale. Parliamo anche di Silvia Careddu, padre di Bortigiadas, prima donna flautista della Wiener philarmonica di Vienna. Anche quest’anno, abbiamo, in poco tempo, quasi esaurito tutte le copie stampate». Sfogliando le singole riviste delle annate precedenti, emerge lo sforzo editoriale che punta all’attualità, ma soprattutto alla valorizzazione della storia e delle risorse regionali.
Gelsomino scrittore ed editore
Notizie dell’Almanacco, di cui molti numeri sono esauriti e ormai rintracciabili solo nelle biblioteche, si ritrovano nel sito di Giovanni Gelsomino, che oltre alla sua attività giornalistica, è anche editore e scrittore. Ecco il link del sito: Gelsomino edizioni.
Cultura, antropologia, archeologia, arte, cronaca, luoghi, persone e storia sono da quasi trent’anni alcuni degli argomenti del periodico gallurese, che con una tiratura di cinquemila copie va oltre la Sardegna perché nel corso degli anni ha conquistato un vasto pubblico extra confini isolani. Con fotografie e documenti a volte rari e di prima pubblicazione l’Almanacco continua a raccontare la Sardegna e lo fa con uno stile tutto suo, fatto di collaboratori, fissi e non, che ogni anno portano alla luce testimonianze del passato ma anche fatti contemporanei del presente.
Ricostruiamo la storia di questa lunga avventura editoriale col racconto che ne fa per questo sito Gibi Puggioni, “storico” collaboratore della rivista, oltre ad essere stato il volto noto di Videolina e firma dell”Unione Sarda dagli anni Ottanta. Oggi è titolare di un suo sito ed è presente con una seguitissima pagina su Facebook (si veda il post su questo sezione: il link ). Ecco la sua testimonianza.
L’Almanacco visto da Gibi Puggioni
«Ne avevo perso le tracce. Così un giorno che mi era capitato di incontrare un collega gallurese gli ho chiesto: “Ma Giovanni Gelsomino è da molte che non lo vedi?”. “Chi, l’Almanacco di Gallura?” mi ha risposto facendosi una risata. “Si, proprio lui”. Mentre l’amico se la rideva io cercavo il modo di raggiungere Giovanni. Sapevo che era nato a Bortigiadas, doveva avere una settantina d’anni, e viveva a Sassari. La sua prima passione, mi aveva confessato un giorno, era stato il giornalismo. Aveva iniziato nel 1976 con una collaborazione alla terza pagina della Nuova Sardegna di cui è poi diventato per anni corrispondente dalla Gallura. Oltre alla Nuova ha collaborato all’Unità e a Paese Sera. Un uomo di sinistra, quella autentica che risale ormai a molti anni fa, ha trovato un modo originale seppure complesso di fare l’insegnante. Con grande passione.
I suoi “compagni di scuola” stanno in carcere. Giovanni infatti insegna “scrittura creativa” nel carcere di Nuchis, struttura di massima sicurezza vicinissima a Tempio. “Purtroppo il Covid ha bloccato il laboratorio” dice Giovanni Gelsomino. Era frequentato da 12 ospiti della Casa circondariale metà dei quali dentro con sentenze di fine pena mai, altri con una media di venti anni di detenzione. Alcuni di loro sono citati nei libri di Saviano per i loro legami con il mondo della camorra e della mafia”.
Da questa esperienza e da quella successiva fatta nel carcere di Alghero, sono nati dei libri: a Nuchis un romanzo, “I ricordi non bussano”, ambientato tra Firenze e la Spagna (zone di detenzione di alcuni reclusi) e “La luna del pomeriggio”, che contiene le riflessioni, i desideri, le cose perdute con la detenzione. “L’obiettivo del nostro progetto – dice Gelsomino – è ottenere il riscatto dei detenuti con la lettura e lo studio. Un’esperienza che mi ha fatto molto riflettere sui troppi luoghi comuni che ci portiamo addosso (e spesso con convinzione) quando si parla di carcere”.
La soddisfazione maggiore per Gelsomino è stato “far scoprire a chi vive da trent’anni in carcere il potere salvifico della scrittura. La scrittura come terapia ha vantaggi che vanno ben oltre il semplice arricchimento del nostro vocabolario. Non importa quale sia la qualità della prosa, è l’atto stesso dell’impugnare una penna che migliora la salute fisica e mentale, l’umore, i livelli di stress, i sintomi depressivi”.
L’esperienza dentro le carceri
La stessa esperienza Gelsomino l’ha poi vissuta nel carcere di Alghero. Dopo tre anni di lavoro nel laboratorio di scrittura creativa è andato in stampa “Uscir a riveder le stelle”. Un libro di fiabe e racconti scritti da un gruppo di detenuti e illustrate dai disegni di cento studenti della scuola media “Maria Carta” nel cui teatro è stato presentato. “Il carcere che si apre all’esterno e l’esterno che collabora col carcere. Un’esperienza significativa – sottolinea Gelsomino – tanto più che ad essere coinvolti sono stati ragazzi che hanno contribuito con i loro disegni ad illustrare i testi ma anche a parlare e sentir parlare di carcere”.
I giornali galluresi
Torniamo al giornalista che si occupa dei problemi della sua Gallura, e ne scrive su più pubblicazioni. Dal CM3 Gallura, periodico della comunità montana di Tempio al mensile Anglona per l’omonima comunità, giornali per diverse attività economiche. Fonda poi “Il cavatore” e l”Osservatore economico” dedicati rispettivamente alla zona industriale di Tempio e al Comune di Buddusò. Seguono numerose altre pubblicazioni, alcune delle quali nate nel sassarese, come “Librando”, edito da Carlo Delfino, dedicato all’editoria sarda e alle sue pubblicazioni. Tra queste Gelsomino ricorda con particolare piacere il mensile “Insieme”, realizzato dall’ottavo circolo scolastico di Sassari, un lavoro che ha coinvolto alunni, genitori e vari esperti.
L’Almanacco gallurese (1992)
È il 1992 quando compare in edicola il primo numero dell’Almanacco gallurese. La copertina è in rigoroso bianco e nero. Ne sono state stampate mille copie regalate poi agli inserzionisti che nella pubblicazione hanno avuto fiducia sostenendola. Stessa sorte per gli altri quattro-cinque numeri con tiratura ormai vicina alle quattromila copie e con foto a colori.
«In edicola ci arriva quando ci rendiamo conto che molta gente ci chiede dove può acquistare la rivista. Così – ricorda Gelsomino con soddisfazione – dal settimo numero siamo sempre stati presenti nelle edicole del nord Sardegna. Abbiamo ricevuto richieste anche da due università americane (che ci hanno rintracciato tramite una libreria fiorentina che aveva rapporti con Carlo Delfino) e da un gruppo di storici dell’università di Oxford con tanto di lettera di complimenti e richiesta dei numeri arretrati. L’Almanacco è citato in tantissime tesi di laurea, una delle ultime interessa uno studente tedesco che ci ha chiesto specificatamente articoli che abbiamo provveduto a fargli avere. Centinaia di copie, ancora oggi, vengono date gratuitamente».
Economia e turismo
L’Almanacco è stato un lungo viaggio nel passato e nel presente della Gallura che negli anni Sessanta ha subito cambiamenti epocali spostando il suo baricentro dalla zona interna, rappresentata da Tempio, alla zona costiera che vede primeggiare Olbia. È stato il settore turistico il grande volano del territorio grazie alla nascita della Costa Smeralda. Nelle zone interne era previsto lo sfruttamento dei poli del granito e del sughero. Il primo è praticamente scomparso dall’orizzonte (in pieno boom solo in Gallura si contavano più di 150 cave, oggi forse ne sono sopravvissute tre), il secondo arranca tra alti e bassi.
«È mancata la programmazione politica e la giusta attenzione verso le risorse del territorio. Questo ha determinato un impoverimento generale di numerosi comuni. Il risultato è lo spopolamento dei paesi dell’interno, un declino inarrestabile. Cito con amarezza Tempio. Aveva risorse come il monte Limbara, le terme, l’acqua, il granito. Oggi la sua attrazione maggiore è il carnevale. Il resto è solo uno sbiadito blasone», dice con amarezza Gelsomino.
«L’articolo sul decennale della rivista era stato affidato alla brillante penna di Manlio Brigaglia. Il professore, collaboratore sin dal primo numero, aveva deciso di spiegare ai lettori l’etimologia della parola “almanacco” scrivendo di una pubblicazione che era divenuta negli anni bizzarra, curiosa o umoristica».
Il suo direttore e fondatore ricorda lo stupore con cui aveva accolto alcune definizioni attribuite da Brigaglia all’Almanacco. Una in particolare, “pubblicazione curiosa” «non nel senso che sorprende e come si dice (malamente oggi) che intriga, ma nel senso della curiosità verso tutto quello che ci sta intorno, che in qualche misura ci appartiene e che vale la pena far sapere agli altri. Curiosa in questo senso sì. Bizzarra? Bizzarra no di sicuro. Anzi seria e impegnata, razionale e (fin dove è permesso all’intelligenza umana) raziocinante».
«L’Almanacco – sottolinea Gelsomino – è nato “gallurese” ma l’intenzione fin dal primo numero è stata quello di scrivere non soltanto della Gallura ma anche della Gallura. Ed è quello che continueremo a fare».
I collaboratori principali
Tra i collaboratori più importanti, Giovanni Lilliu, Paolo Pillonca, Salvatore Mannuzzu, Vico Mossa, Gerolama Carta Mantiglia, Eugenia Tognotti, Attilio Mastino, Marco Milanese, Francesco Masala, Giulio Paulis, Ercole Contu, Mario Atzori, Salvatore Tola, Bachisio Bandinu, Federico Francioni, Irma Tilocca Segreti e tantissimi altri.
L’Almanacco in cifre
1992 – prima uscita con una copertina in bianco e nero. Le foto sono di Nino Solinas, per molti anni collaboratore della rivista
1000 – le copie di tiratura della prima uscita
105.000 – la tiratura complessiva di 28 numeri dell’Almanacco
9100 – (circa) le pagine pubblicate
1361 – gli articoli pubblicati
313 – la media delle pagine pubblicate in ogni volume
2009-2010 – il numero più “richiesto” conteneva il dossier su Fabrizio de André
25 – L’Almanacco dedica la foto di copertina del numero 25 a Grazia Deledda, unica donna premio Nobel della letteratura in Italia. È la prima copertina senza un paesaggio, immagine che ha caratterizzato le precedenti 24 copertine.
Chi è Giovanni Gelsomino
Originario di Bortigiadas, vive a Sassari, profonde radici a Olbia e nella Gallura. Giornalista pubblicista, editore e scrittore. Autore di numerosi volumi: i titoli della sua produzione in questo Pdf: Bibliografia di Gelsomino. Oltre i suoi lavori individuali, figurano altri libri di cui è stato ideatore, curatore ed editore: di questi, in particolare, hanno avuto un ottimo successo editoriale “Fabrizio De André e l’isola paradiso” e “Riva e l’isola del pallone“.
Chi è Gibi Puggioni
Sassarese, è stato caposervizio della redazione di Sassari di Videolina dal 1997 al 2012. In pensione dalla tv dal 2013 continua a collaborare con l’Unione Sarda dove ha cominciato le sue corrispondenze nel 1990. Si è formato giornalisticamente alla scuola di Pino Careddu, direttore del periodico Sassari Sera, nella cui redazione ha lavorato dal 1969 al 1978. Al ricordo del suo maestro ha dedicato due libri editi da Carlo Delfino sulla storia del periodico Sassari Sera. La carriera giornalistica di Gibi Puggioni, cominciata a Sassari Sera, è proseguita tra il ’79 e l’81 in alcune tv private sassaresi, Teleobiettivo Sardegna e Radiotelefinsar. Di quest’ultima è stato direttore nell’ultimo anno in cui è rimasta attiva. Nel 1982 è diventato corrispondente di Videolina. Nel 1997, dopo essere diventato giornalista professionista, è stato assunto con la qualifica di capo servizio. Da tempo pubblica un blog di attualità e riflessioni su Fb e ora sul suo sito gibipuggioni.it