Il 4 novembre ricorre l’anniversario della Vittoria nel primo conflitto mondiale. Si concludono così quattro anni di celebrazioni per ricordare la Grande guerra che, pur con enormi sacrifici e uno spaventoso bagno di sangue su tutti i fronti, portò al compimento del processo unitario. Un secolo è trascorso. Quella fu la guerra dei nostri bisnonni e nonni, per chi ha la mia età. I ragazzi del ’99, chiamati alle armi e spediti in trincea appena diciottenni, oggi avrebbero quasi 120 anni!
Gli ultimi reduci sono scomparsi all’inizio di questo secolo, oggi resta solo la memoria, il ricordo di quei combattenti, la storia di un’epopea che ha segnato profondamente il nostro Paese e in particolare la nostra Isola.
In quella guerra la Sardegna ha svolto la sua parte con centomila uomini chiamati alle armi, il sacrificio di 15 mila morti e decine di migliaia di feriti e mutilati. Per oltre quattro anni fu svuotata di tutti gli adulti, lasciando le donne rimaste sole a lavorare nei campi e nelle poche fabbriche. E poi il difficile ritorno a casa dei sopravvissuti che ritrovarono una terra povera e depressa.
Ma la guerra per i sardi ebbe anche un altro importante significato culturale: uscendo per la prima volta dai ristretti confini dell’Isola e affacciandosi nel Continente, come chiamavano la penisola, compresero di far parte di una nazione, l’Italia, e di essere partecipi di un destino comune. Per la prima volta cominciarono a parlare l’italiano e a convivere le medesime esperienze nelle trincee. E per la prima volta, con i bollettini dell’Alto Comando che vantavano il glorioso comportamento della Brigata Sassari, ebbero il meritato riconoscimento nazionale.
Le celebrazioni del Centenario, organizzate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri attraverso comitati regionali, in questi anni hanno avuto il merito di rievocare una pagina fondamentale della nostra storia unitaria facendola conoscere soprattutto ai giovani. Migliaia le conferenze in tutte le scuole e nelle università, molti i convegni, pubblicati numerosi libri e ristampati titoli ormai introvabili. I giornali poi hanno svolto un ruolo essenziale dedicando pagine intere, reportage sui luoghi della guerra, inserti speciali.
Anche in Sardegna, grazie all’encomiabile dinamismo dello storico Aldo Accardo “deus ex machina” del comitato sardo per il Centenario, all’attiva partecipazione di autorità civili, scolastiche e militari (con in testa il comandante generale Giovanni Domenico Pintus) si sono svolte numerose iniziative che culmineranno questo mese a Cagliari con due importanti convegni di storici e con una mostra di cimeli organizzata dallo specialista di storia militare Alberto Monteverde.
Tuttavia colpiscono i ritardi per la mancata pubblicazione su internet dell’Albo d’oro dei Caduti sardi, un database interattivo realizzato dal ricercatore di Tempio Guido Rombi e sin dal 2015 messo a disposizione di Regione, Anci e Comuni. Esiste un Albo d’oro cartaceo presso le istituzioni militari, pubblicato nel 1938 in epoca fascista, difficilmente consultabile. Mentre Rombi, sostituendosi a chi l’avrebbe dovuto fare per dovere d’ufficio o mestiere, ha aggiornato quel librone, arrivando a contare 15.194 caduti, quasi 1600 in più rispetto all’elenco noto. Con grande passione e una paziente indagine negli archivi, ha scoperto numerosi errori ed omonimie, nomi mai censiti, morti sepolti in più cimiteri!
L’assessore regionale agli Enti locali Cristiano Erriu, ha ribadito di recente in conferenza stampa la volontà di procedere all’attuazione del progetto che darebbe alla Sardegna lo stesso strumento digitale già in uso solo in Lombardia, Veneto ed Emilia.
La Regione si impegna, dunque, a portare avanti il lavoro iniziato quindici anni fa dallo studioso gallurese e che, praticamente, è già pronto in rete. Un database che resterà nel tempo sul web e che darebbe la possibilità a ciascun sardo di conoscere qualsiasi notizia sui familiari combattenti con un semplice clic.
Ora la Sardegna potrebbe avere il suo sito sulla Grande guerra. Sarebbe la degna conclusione del Centenario, un’occasione da non perdere. C’è ancora tempo, anche dopo le passerelle per le celebrazioni e nella speranza che gli impegni non sfumino con le prossime elezioni.