Nella terza città della Sardegna non ci sono più librerie. La notizia è apparsa di recente e non stupisce più di tanto perché chiudono come mosche in ogni parte d’Italia. La vera notizia, in un Paese dove quattro cittadini su dieci legge meno di un libro all’anno, sarebbe il contrario e cioé che una libreria si è aperta. Ma questo non accade più. Per acquistare un libro a Quartu restano qualche cartoleria, gli scaffali dei maggiori ipermercati, le edicole, dove sono esposti i titoli dei best seller e degli autori più popolari, spesso in offerta a prezzi stracciati come le merendine o i prodotti in scadenza. Altrimenti da Quartu e dall’intera provincia bisogna venire a Cagliari, dove le poche librerie affannano per tenersi a galla.
La crisi non colpisce solo le piccole, ma anche le grandi di catena. A Roma all’inizio di gennaio non hanno più aperto due importanti “Feltrinelli”. Nell’ultimo decennio nella capitale sono scomparse 225 librerie, a Napoli ha abbassato la serranda per sempre un “monumento” come la “Libreria Guida”, al Vomero, ma anche la Mondadori in centro.
La crisi dei giornali ha colpito duramente gli edicolanti che proprio in questi mesi stanno chiedendo al governo misure strutturali per salvare la categoria aprendo le edicole ad altri generi di vendita. Per il libro il discorso è analogo e anche i librai cercano di trovare una via per rilanciare il mercato. Dietro la crisi delle librerie ci sono alcune costanti come il prezzo (forse troppo alto per i costi di stampa) e le vendite online, a partire da Amazon che ti spedisce il volume a casa in due giorni offrendo cataloghi pressoché illimitati e super sconti. L’e-book sta crescendo, ma è soprattutto la filosofia del “free-on line” che ha fatto i danni maggiori sia alla carta stampata sia ai libri, passando l’idea che il prodotto culturale non si debba pagare perché tanto si può trovare gratis (piratato) o scontato su internet.
La legge di mercato è inesorabile: le librerie sono in fallimento per le vendite insufficienti a coprire i costi. E non bastano certo le iniziative, come le presentazioni con l’autore, le copie firmate, le formule paghi uno compri due, gli incontri culturali, per far quadrare i bilanci. Il problema va visto nell’interezza della filiera editoriale perché in realtà non mancano i libri: nel 2019 sono stati pubblicati 74.695 titoli. In pratica escono 205 libri al giorno. Il settore paradossalmente non è in crisi, anzi gode di ottima salute. Nel 2019 il libro italiano si è confermato prima industria culturale del Paese e quarta editoria in Europa con un fatturato di un miliardo 493 milioni, ma soffre gli effetti della pirateria che lo scorso anno ha sottratto 247 milioni di vendite. Secondo dati recenti, il mercato punta più sulle novità (le prime edizioni rappresentano il 61,7%) e meno sulla longevità dei prodotti (32,7% di ristampe e 5,6% di edizioni successive, cioè i classici). Ma gli editori investono sempre più nell’offerta di titoli in formato e-book: la percentuale di opere pubblicate a stampa disponibili anche in versione digitale in soli due anni è passata dal 35,8% (circa 22 mila titoli nel 2016) a quasi il 40% (più di 30 mila titoli nel 2018). Il mercato degli e-book nel 2019 ha realizzato 71 milioni di euro, in crescita del 6% rispetto all’anno precedente. Se questo è il trend significa che il “prodotto-libro” di per sé va molto bene, ma ciò su cui bisogna riflettere e, di conseguenza agire, è il canale delle vendite che ha nelle librerie il suo anello più debole.
C’è da chiedersi se questo sia un processo irreversibile, un naturale cammino della trasformazione sociale ed economica in atto e che quindi le librerie, come le abbiamo sinora conosciute, siano anacronistiche e destinate a morire. Come le mercerie di una volta. Ma non è così scontato, soprattutto se si riuscisse a combattere efficacemente il fenomeno della pirateria, si concedessero consistenti agevolazione fiscali per bilanciare lo strapotere di Amazon e dei colossi online.