La lunga riflessione sulla Grande Guerra, dopo quattro anni di celebrazioni che hanno portato a ricordare il centenario della vittoria lo scorso novembre, è arrivata a una conclusione. Ed è davvero inquietante: i vincitori di allora sono i perdenti di oggi, o quanto meno hanno chiuso un 2018 con enormi problemi politici che annunciano un nuovo anno pieno di incognite. Per quei paradossi della storia gli imperi dissolti, in seguito alla sconfitta nel Primo conflitto, un secolo dopo sono le potenze che dominano lo scenario mondiale. Il trattato di Versailles firmato nel 1919 sancì la fine degli imperi dell’Europa centrale e di quello ottomano, ma pose le basi per la riscossa revanscista di Germania, Austria e Turchia, nonché della Russia, lasciata sola dagli alleati occidentali dopo la rivoluzione bolscevica, che sostituì lo scettro zarista con l’Urss comunista.
L’arroganza di francesi e inglesi, che imposero condizioni di pace inaccettabili per gli sconfitti, portò nel volgere di un decennio alle conseguenze che sappiamo. Mentre, come sembra ripetersi oggi, gli americani non ratificarono il trattato parigino avviandosi verso una politica isolazionista con una maggioranza repubblicana al Senato. Il presidente T.W. Wilson, da parte sua, si batté per favorire il processo di autodeterminazione dei popoli e dei gruppi etnici emersi dal disfacimento degli imperi, meritandosi il Premio Nobel per la Pace nel 1919. Ma anche questa scelta fu determinante per la nascita dei regimi totalitari con i nazisti in Germania e lo stalinismo in Russia. Hitler ebbe la strada aperta, puntando sulla rabbia dei tedeschi, per scatenare la seconda guerra mondiale dopo aver annesso l’Austria e quindi la Cecoslovacchia (nazione costituita nel 1918) mascherando l’intervento come aiuto alle minoranze di lingua tedesca. E Stalin ebbe mano libera per eliminare e rinchiudere nei gulag siberiani milioni di oppositori e deportare intere popolazioni, creando l’impero sovietico durato sino al 1989.
L’Italia, paese vincitore, ebbe scarso peso al tavolo della pace e negli anni Venti si ritrovò con Mussolini al potere.
Le divisioni degli europei occidentali e lo smarcamento di Washington, finita la “guerra fredda” con la caduta del muro di Berlino e della “cortina di ferro”, hanno portato a ripetere gli errori di Versailles aprendo la strada agli attuali allarmanti scenari. Oggi gravi pericoli incombono sull’Europa che si avvicina alle prossime elezioni comunitarie, come ha ben evidenziato il generale Vincenzo Camporini, ex capo di stato maggiore della Difesa ed esperto di strategie internazionali durante un recente convegno a Cagliari.
Così il 2019 si apre con due potenze sicuramente più forti sullo scacchiere mondiale: la Germania con le armi della sua economia, arbitro su qualsiasi tavolo internazionale, e la Russia del nuovo zar Putin che, con i cannoni, impone il suo gioco senza che nessuno possa contrastarlo o alzare la voce all’Onu. I diecimila morti (dimenticati) per l’annessione del Donbass e della Crimea, le sue navi da guerra dispiegate nel Mar d’Azov e la minaccia di installare missili nucleari verso l’Europa qualora Trump e la Nato portassero avanti i piani di un “ombrello” offensivo in Polonia e nei paesi baltici, sono i segnali espliciti di un Putin determinato a restituire a Mosca il peso del passato. A lui si affianca Erdogan che, con la sua spietata politica di imprigionare o imbavagliare ogni oppositore, ha instaurato in Turchia una dittatura di ferro mirando a riesumare i fasti dell’impero ottomano dissolto nel 1918.
I vincitori della Grande Guerra, invece, si trovano a scelte epocali con i leader in grande difficoltà. Londra è alle prese con la Brexit, il governo della May vuole arrivare al distacco dalla Ue, ma gli inglesi sono sempre più spaccati. La Francia sta vivendo momenti drammatici con il presidente Macron messo alle strette dai “gilet gialli” e costretto a chiedere scusa in tv. Gli Stati Uniti divisi sulla politica e soprattutto sul personaggio Trump si stanno ritirando dai teatri planetari. Vogliamo metterci anche i guai dell’Italia, l’altro paese vincitore? Con tante grazie dalla Cina che continua l’inarrestabile espansione.