<<L’anno prossimo a Gerusalemme>>: è l’augurio che gli ebrei della diaspora si scambiano durante la festa di Pasqua. E’ l’augurio di un sogno tanto bello, quanto per molti di loro impossibile. L’augurio che si rivolgevano anche nei lager nazisti sulle soglie delle camere a gas. Eppure il 14 maggio del 1948 a Gerusalemme fu proclamata l’istituzione dello Stato di Israele che segnò per gli ebrei di tutto il mondo l’inizio di una nuova Era, con una vera patria in cui abitare dopo oltre 2500 anni di esilio. Le basi della nascita di una Nazione sotto la bandiera di David vennero poste nel novembre del 1947 dall’assemblea dell’Onu che propose di dividere la Palestina in due parti, un mese dopo l’annuncio della Gran Bretagna di lasciare la regione sotto il suo protettorato dal 1919. Quando partirono gli ultimi soldati inglesi venne immediatamente proclamato lo Stato di Israele. Il prossimo maggio l’anniversario dei settant’anni verrà celebrato a Gerusalemme con varie manifestazioni storiche, politiche e religiose. Una grande festa per gli israeliani, praticamente sempre in guerra da quella fatidica data.
L’Italia – è stato annunciato – renderà omaggio alla ricorrenza con il più popolare evento sportivo, facendo partire il Giro ciclistico proprio da Gerusalemme. Le prime tre tappe si svolgeranno in Israele. Non è un caso (il Giro sarà dedicato anche a lui) che uno dei grandi campioni del nostro ciclismo, Gino Bartali, dal 2013 figuri nel “Giardino dei Giusti” all’interno dello “Yad Vashem”, il mausoleo di Gerusalemme per ricordare le vittime della Shoah. Giusto tra le Nazioni è il titolo che viene assegnato dalla Commissione dei Giusti a chi, non ebreo, ha salvato ebrei durante la persecuzione nazista. Bartali (scomparso nel 2000) tra il 1943 e il 1944 salvò circa 800 israeliti, consegnando documenti falsi che nascondeva nel tubo della sua bicicletta o aiutandoli a trovare rifugio. Vincitore già di due Giri d’Italia e un Tour de France era già un mito osannato dal fascismo, ma lui stava con la Resistenza e faceva parte della rete, guidata dall’arcivescovo di Firenze Angelo Elia Dalla Costa, per aiutare i perseguitati a mettersi in salvo. Sono 20 mila i Giusti di Israele sinora riconosciuti, soltanto 500 gli italiani come Bartali e lo stesso monsignor Dalla Costa.
In realtà dovrebbero essere molti di più per spiegare come fu possibile, nonostante le leggi razziali e le persecuzioni messe in atto a partire dall’8 settembre 1943, che in Italia si salvò l’81 per cento degli ebrei.
La storica Liliana Picciotto, direttrice dell’archivio del Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano, ha messo in luce con un recente saggio (“Salvarsi”) il fatto che gli italiani nella stragrande maggioranza non erano razzisti, ma soprattutto aiutarono gli ebrei.
Una tesi interessante oggi che si parla tanto di ondate xenofobe e di movimenti nazionalisti nella civile Europa, basata sulle testimonianze e sui documenti: nel settembre del 1943 nell’Italia occupata dai nazisti, gli ebrei erano 38.994, di cui 33.452 italiani e 5542 stranieri. Di tutti costoro furono uccisi 7172 in Italia o nei lager, quindi ben 31.822 sfuggirono allo sterminio pianificato.
Un numero importante, proprio perché nel Paese in mano ai nazifascisti vigevano dal 1938 severe leggi razziali proclamate da Mussolini per accontentare Hitler. Vuol dire che, nonostante le apparenze e le complicità, molti aiutarono direttamente oppure soltanto tacendo, gli israeliti a nascondersi e a salvarsi. Solo così, come sottolinea Liliana Picciotto, si spiegano i grandi gesti di solidarietà di migliaia di italiani, i cui nomi sono sconosciuti e forse resteranno tali. Le ricorrenze del prossimo anno serviranno anche a ritrovare la memoria di altri che, come Bartali, meriterebbero di essere menzionati nel Giardino dei Giusti.
(Sopra l’esterno del museo “Yad Vashem” a Gerusalemme)