Fabio Maria Crivelli è stato il direttore più longevo dell’Unione Sarda che ha diretto quasi per un quarto di secolo, col primato inarrivabile di 22 anni di fila e poi richiamato dal suo buen retiro nella villa di Sinnai, per un biennio durante un difficile momento del giornale. Grande direttore e giornalista, ma anche scrittore di saggi e romanzi. Ancora poco conosciuta la sua produzione teatrale che invece svela nelle commedie un drammaturgo fine e pungente. Questo aspetto di Crivelli è stato esplorato di recente dalla nipote Roberta che, sotto la guida del prof. Daniele Serangeli, ha svolto la tesi per la laurea magistrale in Lettere all’Università di Ferrara.
All’attività giornalistica di Crivelli, tra l’arrivo a Cagliari e la fine degli anni Cinquanta, è dedicato un capitolo del raro libro di Giuseppe Della Maria (“Storia e scritti de L’Unione Sarda”, 1889-1958), Nella foto a destra la copertina del volume reperibile nelle principali biblioteche di Cagliari.
Sulla figura del personaggio e del giornalista ha scritto diversi articoli lo studioso cagliaritano Gianfranco Murtas.
La biografia
Nasce a Capodistria (1921) presso una famiglia di umili condizioni, costretta a emigrare a Roma. All’inizio della seconda guerra mondiale entra nell’esercito come sottotenente ma dopo l’8 settembre 1943, rifiutandosi di passare nell’esercito della nuova repubblica di Salò, viene deportato in un lager nazista, dove rimarrà recluso per due anni. Tornato in Italia alla fine della guerra, viene assunto come giornalista al quotidiano romano L’Epoca. Dopo la chiusura di questo giornale, lavora a Il Momento, per poi passare a Il Giornale d’Italia in qualità di redattore capo. Alla fine del 1953 viene chiamato, tenendo conto della sua esperienza degli anni precedenti, dagli editori del L’Unione sarda, i Sorcinelli, per diventare direttore del quotidiano sardo. Il 1º gennaio 1954 diventa direttore del giornale, carica che manterrà fino al 1977. Il PDF dell’articolo del 31 dicembre 1976 con il congedo di Crivelli.
Sotto la sua direzione, il quotidiano subisce una svolta, diventando uno tra i più importanti quotidiani italiani. Dopo l’acquisto della testata da parte di Nino Rovelli, Crivelli nel 1976 si dimette, non volendo sottostare alla linea editoriale impostata. Dopo l’acquisto de L’Unione Sarda da parte di Nicola Grauso e la modernizzazione del quotidiano e degli impianti di stampa, Crivelli torna direttore dal 1986 al 1988. Continua a collaborare come editorialista al giornale sino all’ultimo. Muore a Cagliari il 24 ottobre 2009.
In occasione dell’anniversario dei dieci anni della scomparsa L’Unione Sarda dedica un articolo in prima pagina firmato da Paolo Fadda. Ecco il suo ricordo.
Un doveroso ricordo
di Paolo Fadda
La storia ultracentenaria di questo giornale ha sempre accompagnato le vicende di quest’isola, registrandone sia i successi che le sconfitte, sia gli avanzamenti che le retrocessioni, sia le attese che le delusioni. Ne ha sempre testimoniato, nelle sue pagine, i giorni lieti e quelli tristi, trasmettendone ai suoi lettori, con scrupolo, sensazioni ed emozioni, euforie e tristezze. Ne ha sempre seguito, di decennio in decennio, i tempi del progresso, testimoniandolo con l’attenzione dei suoi giornalisti e con l’avvedutezza dei suoi editori. Passati e presenti.
(Nella foto l’articolo di Paolo Fadda in Prima pagina)
Certo, da quel 1889 il giornale è profondamente cambiato come immagine, senza avere mai perso, peraltro, l’imprinting originale di sarditudine. Cioè la sua scrupolosa attenzione, seppure espressa in forme e modi differenti, alla realtà isolana. Così sarebbe accaduto, ricordiamolo, nei primi anni ’50, allorché l’accortezza degli editori d’allora volle che anche il giornale dovesse seguire quella rinascita socio-economica che la Sardegna stava cercando di realizzare dopo la conquista dell’autonomia politica. Fu allora che, insieme a nuove linotypes e più veloci macchine da stampa, sarebbe giunto al giornale, come direttore, un giovane ed emergente giornalista, Fabio Maria Crivelli. Ed è di lui che ne scriviamo oggi, in suo affettuoso ricordo, a dieci anni esatti dalla sua scomparsa. Perché quel suo quasi quarto di secolo di direzione (1954-76, con una coda nel 1986-88), sarà caratterizzato da una profonda rigenerazione del giornale, divenuto sempre più dinamico, popolare, meglio partecipe di tutto quel che stava accadendo in un’isola in piena euforia ricostruttiva. Percorsa da fremiti, attese ed impazienze, per ritrovare quegli equilibri perduti dopo i drammatici e pesanti lasciti della guerra. Soprattutto impegnato nell’affrontare, con il dovuto equilibrio, i grandi e divisivi problemi sorti in quegli anni, dall’industrializzazione forzata alle contestazioni studentesche; dal tramonto dei partiti ideologici all’invasione turistica delle coste.
Per quest’esigenza, Crivelli avrebbe reclutato – in modo da offrirne ai lettori una visione non partigiana – un’ampia platea di collaborazioni, superando gli steccati e le preclusioni di certe malintese fisime politiche. D’altra parte, proveniva da un’esperienza compiuta a L’ Epoca e in quei quotidiani romani e nazionali (Momento sera e il Giornale d’Italia di cui era caporedattore) che avevano fortemente innovato il format giornalistico tradizionale, con le loro titolazioni eclatanti, l’anticonformismo nelle analisi politiche e, soprattutto, con le inchieste, le interviste ed i commenti sempre in piena libertà e senza preclusioni di sorta.
A quel modello, molto liberal ed assai british, il suo giornale si sarebbe ispirato per la sua rigenerazione editoriale, avvalorandola innanzitutto con l’efficacia dei suoi editoriali domenicali. Che avrebbero riscosso grande popolarità. Li firmava, con po’ di civetteria con le sue tre iniziali in minuscolo, ed erano dei testi chiari e precisi, semplici ed efficaci, quasi dei dialoghi con i lettori, a cui intendeva offrire, senza preconcetti di sorta, un’analisi attenta della realtà isolana, dalle politiche che la governavano ai problemi che la condizionavano.
Su questo suo settimanale argomentare della e sulla Sardegna, si farà guidare dalla sua forte caratura culturale e, non secondariamente, da quel suo grande amore sbocciato per quest’isola periferica, come solo i nati nelle terre di confine (lui che era istriano di nascita) possono avere. Un amore che era fatto di attenzioni e di preoccupazioni insieme, di speranze ed anche di delusioni, così come capita nella roulette della vita.
Chi scrive, che ne ebbe il piacere dell’amicizia, ricorda di lui proprio quest’atteggiamento, che era insieme di affetto e di rimprovero per le altalenanti sorti di un’isola perennemente in mezzo al guado tra arretratezza e progresso. Così gli capitò di raccoglierne più volte, nelle conversazioni, un tenue velo di pessimismo, ed anche di delusione, per la diserzione di una borghesia locale fattasi pavida ed assenteista e, ancora, per le continue indecisioni di una classe politica divenuta sempre più incolta e pasticciona, oltre che assai litigiosa. Aveva infatti ben compreso, prima di tutti noi, e grazie alla sua acuta sensibilità di attento osservatore della realtà locale, quale fossero i più gravi mali di quest’isola. Ed è poi questa, a ben pensarci, la più importante qualità dei grandi giornalisti, come è stato il nostro f.m.c.
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Chi è Paolo Fadda
Cagliaritano (classe 1930), giornalista, imprenditore e politico. Editorialista dell’Unione Sarda. Da molti anni è uno dei più attenti osservatori e narratori delle realtà socio-economiche della città e della Sardegna, con la nascita della Cagliari dei borghesi, fino ai giorni d’oggi. Su questi argomenti, come sulla formazione d’una classe imprenditoriale locale, e sui cambiamenti sociali ed urbanistici del capoluogo, ha scritto diversi saggi e numerosi articoli apparsi sui più importanti quotidiani e periodici dell’Isola.
In particolare sono stati pubblicati, i volumi che hanno raccontato fatti e gente della città (Sa Cittadi avolotara, borghesi, majolus poeti e palazzinari nella Cagliari di fine Ottocento, 1991), ed ancora le vicende storiche della Confindustria (nel 1995), della Camera di commercio di Cagliari (1997) e del sindacato operaio della Cisl (nel 2000). È stato anche autore dei volumi dedicati alla storia della Fiera Campionaria cagliaritana (nel 1998), del Porto (nel 2002) e dell’Aeroporto (nel 2003) della città.
Editi da Carlo Delfino di Sassari importanti volumi sui grandi imprenditori sardi tra Otto e Novecento: “L’uomo di Montevecchio – La vita pubblica e privata di Giovanni Antonio Sanna”, (2014); Il Cavaliere di Nasco – La biografia di Francesco Zedda-Piras, (2012); “I Fratelli Pinna. Una storia di successi”, (2016); “L’amico di uomini potenti. Il racconto di mezzo secolo di storia sarda (e non solo) attraverso i suoi protagonisti”, (2016).