Il Giornale di Sardegna

Un quotidiano nato quattro volte

Il primo quotidiano in Sardegna: 1795-1796

Il primo quotidiano pubblicato nell’Isola fu Il Giornale di Sardegna, nel 1795, in epoca angioina. Questa testata storica ha un duplice record: oltre alla primogenitura assoluta quando si parla di quotidiani in senso moderno, cioè di giornali che uscivano tutti i giorni (cosa rara alla fine del Settecento), può vantare un altro singolare primato: il nome verrà ripreso altre tre volte, l’ultima in tempi recenti (2004) con il quotidiano fondato a Cagliari e poi aperto anche con l’edizione di  Sassari dall’editore Nichi Grauso che darà vita all’avventura del gruppo EPolis.

Dopo il giornale fondato da Angioy fu replicata nel 1896 a Sassari in contrasto con La Nuova Sardegna e nel 1923 a Cagliari, per un breve periodo di quattro mesi, quando fu chiuso L’Unione Sarda. Ma andiamo con ordine e iniziamo con le vicende che hanno caratterizzato la nascita del primo vero quotidiano, in un epoca dove fiorivano le gazzette e i fogli sulla scia dell’Illuminismo che dalla Francia si stava diffondendo in tutta Europa.

Otto mesi di pubblicazioni

Il primo vero quotidiano comparve  il 13 agosto del 1795 e durò appena otto mesi (chiuse il 31 marzo 1796): Il Giornale di Sardegna, organo del movimento angioyano, era un gazzettino a carattere politico, redatto da quattro collaboratori dello stesso Giomaria Angioy e diretto dal teologo Giuseppe Melis Atzeni. Era lo specchio – scrive la storia Giuseppina Fois – della linea progressista degli Stamenti sardi nel drammatico periodo della rivolta contro i Piemontesi e si faceva portavoce delle nuove rivendicazioni popolari in chiave antifeudale.

Giomaria Angioy

Il livello tecnico era molto basso, le informazioni si susseguivano senza distinzione nelle colonne della pagina e prive di titolo. Questo primo giornale oscillava tra il modello del manifesto politico e quello dell’ebdomadario (pubblicazione settimanale o periodica), riprendendo un po’ il concetto illuminista dei primi fogli sardi. Il biennio 1795-1796 è ricco di eventi per l’Isola, dopo la cacciata dei Piemontesi e del viceré Vincenzo Balbiano con i moti dell’aprile 1794. Il periodico è dunque l’espressione delle varie voci degli Stamenti, all’interno dei quali emergono forti divisioni ideologiche e di parte per diversi interessi. Dati i tempi ci si aspetta una linea di apertura alle novità, anche perché il direttore Melis e i redattori sono amici di Angioy. Invece adotta una posizione prudente, ignora ogni accenno alle idee diffuse dalla rivoluzione francese e predilige la cronaca, a cominciare dai fatti che sconvolgono l’Isola da nord a sud.

L’ingresso di Angioy a Sassari

L’organo – sottolinea un articolo dell’Almanacco di Cagliari (2006) firmato da Roberto Cuccureddu – dedica spazio ai dissidi tra Sassari e il capoluogo del “Capo di sotto”, cercando di mediare per favorire i contrasti.  Informa i suoi lettori circa la politica sarda che ha come fulcro l’Angioy, inviato dal viceré Vivalda con la nomina di alternos a Sassari per sedare la rivolta dei feudatari. Il progetto fallisce e Angioy è costretto a fuggire nel giugno del 1796: ma Il Giornale di Sardegna non fa in tempo a raccontare la cronaca di quel fatto perché il 31 marzo esce col suo ultimo numero. Una breve, ma significativa stagione per gli esordi del giornalismo nell’Isola.

Cagliari in una stampa ottocentesca

Ci fu poi un vuoto di oltre tre lustri causato dalle conseguenze dei moti anti piemontesi isolani e dagli sconvolgimenti continentali di Napoleone. 

La testata rinasce a Sassari: 1896-1900

Il 26 marzo 1896 compare a Sassari un quotidiano che affianca e si contrappone alla giovane e battagliera Nuova Sardegna. Diretto da Tommaso San Felice e con l’apporto di un giornalista esperto quale Giovanni De Francesco, questo foglio appare con una piacevole veste grafica di cinque colonne nelle quali i titolini sono ben evidenziati. I contenuti sono vari e interessanti: dall’articolo politico di fondo, ai resoconti parlamentari, alle cronache dell’Isola e nazionali, in più numerose rubriche. Ma la sua posizione appare sempre più moderata e “governativa”, mentre avanzano a Sassari i favori verso il crescente partito socialista.

Dopo la sconfitta di Adua e le dimissioni di Crispi, a Roma si succedono i governi “duri” di Rudinì e poi di Pelloux, i quali varano provvedimenti restrittivi sulla stampa e l’associazionismo operaio. Tutto ciò in seguito ai moti di Milano, repressi nel sangue dal generale Beva Beccaris, a suo tempo lodato dal giornale sassarese. <<Si comprende l’atteggiamento antisocialista e conservatore del foglio che approva la linea dura anche nella lotta per sconfiggere il banditismo, una delle piaghe più dolorose dell’Isola>>, scrive Cuccureddu (2006). Ma dalle colonne esce un quadro piuttosto complesso perché da una parte l’appoggio alla monarchia, alle istituzioni, antirepubblicano e antisocialista, prima favorevole, ma poi contrario alla politica coloniale italiana che comporta ingenti esborsi (quindi tasse) e pesanti perdite di soldati. Dall’altra, però, è fortemente presente nel dibattito sulla rinascita economica dell’Isola e si batte in difesa dei contadini che chiedono facilitazioni per il credito agrario, su una linea meridionalista che prevede interventi per migliorare le nascenti industrie, i trasporti e l’agricoltura. Alla fine la concorrenza vincente della Nuova Sardegna, che meglio riflette le idee e il carattere dei sassaresi, determinerà la chiusura nel 1900.

A Cagliari per la terza volta: 1923-1926

La testata verrà riesumata a Cagliari il 1° settembre 1923 e andrà avanti sino al 30 gennaio 1926, tre difficili anni in cui si accende la lotta per l’affermazione dei fautori del sardofascismo (appoggiato da Mussolini) sui fascisti della prima ora. Il Giornale di Sardegna sarà l’organo dei “fusionisti” che si opporranno all’Unione Sarda che invece è la voce della linea intransigente. Lo scontro si svilupperà con la temporanea chiusura dell’Unione (1924)  e poi la riapertura come organo del Pnf  “normalizzato” sulle posizioni dei leader sardofascisti in sintonia con le direttive romane.

Nel 2004 per la quarta volta

Dopo ottant’anni esatti riecco comparire in edicola Il Giornale di Sardegna, per idea del vulcanico editore Niki Grauso che rispolvera una testata storica per dare battaglia all’Unione Sarda prima e poi anche alla Nuova Sardegna nel pieno solco della tradizione. La storia si ripete nello scenario sardo, ma anche questa volta il quotidiano non avrà lunga vita e concluderà l’esperienza nel giro di un quinquennio (che non è poco nel panorama editoriale regionale).

Le vicende del rinato Giornale di Sardegna si legano all’ambizioso progetto di EPolis di cui parliamo in un altro articolo.

Fonti:

Estratto aggiornato dal volume “Dalla linotype al web”, 2014, Cuec

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