Il “Generale Inverno” è un’espressione molto presente di questi tempi sui giornali. Pregnante di significati storici, metafora emblematica e utile ai titolisti che, con due parole, riassumono un tema ben più vasto descritto nell’articolo. Ma cosa vuol dire? In sintesi l’arrivo della stagione più fredda nell’Europa orientale, tra novembre e febbraio quando la neve ricopre le immense pianure tra la Russia e l’Ucraina. Tutto diventa bianco, il silenzio di un’atmosfera ovattata viene interrotto solo dal soffio del vento gelido della Siberia, la temperatura sotto i 20 gradi, toccando i 30 e 40. La vita sembra fermarsi in un letargo obbligato, impossibile muoversi senza sprofondare nella neve o nel ghiaccio. Questa è la steppa dove i confini tra Russia e Ucraina si confondono in un’unico paesaggio lunare in cui non c’è posto per gli uomini se non il riparo nei villaggi e nelle isbe sperdute. Basta ricordare i racconti dei reduci della campagna di Russia, fanti e alpini dell’Armir che passarono due lunghi inverni sul fronte. Nel 1941 trincerati lungo il fiume Dnepr e l’anno dopo sul Don dove iniziò la tragica ritirata che lasciò nella steppa centomila “gavette di ghiaccio”. Storie di sofferenza, di atti di eroismo, di vita e di morte in una guerra voluta da Mussolini per seguire il sogno folle di Hitler che voleva realizzare ciò che non era riuscito a Napoleone e a nessun altro esercito occidentale.
Giulio Bedeschi, Mario Rigoni Stern, il nostro Francesco “Ciccito” Masala con lo struggente romanzo “Quelli dalle labbra bianca” e altri celebri scrittori, sono tornati a casa sfuggendo alla morsa del Generale Inverno e agli attacchi dei soldati dell’Armata rossa. Nelle loro pagine hanno poi testimoniato l’assurdità della guerra combattuta dagli italiani con divise leggere, senza scarponi, viveri e munizioni. Nomi di quei luoghi di battaglie, di centri di ritrovo e presidio, che erano russi, poi ucraini e oggi di nuovo russi, suonano familiari nei ricordi della seconda guerra mondiale.
La vicenda dell’Armata italiana mandata allo sbaraglio fa pensare alle truppe schierate da Putin sul terreno nel Donbas, incalzate dall’offensiva degli ucraini. Uomini di ogni età mobilitati in poche settimane e inviati al fronte senza preparazione, mentre gli alleati della Nato annunciano a Kiev l’invio di 500 mila divise invernali, equipaggiamenti e nuove armi. Circondati e attaccati da un esercito motivato e ben addestrato i russi usano l’unico potenziale a loro disposizione: missili, razzi e droni, lanciati da grandi distanze verso qualsiasi obiettivo strategico e soprattutto civile. Chiaramente in difficoltà sul terreno hanno ripreso a bombardare senza tregua i territori di Kiev e Leopoli con armi vigliacche, devastanti, vietate dalle convenzioni internazionali quali le bombe a grappolo o termobariche che fanno stragi degli abitanti e polverizzano ogni cosa.
Ancora una volta Mosca chiede aiuto al Generale Inverno che, comunque, rallenta o blocca anche l’offensiva degli ucraini e consente all’armata russa di rifiatare, riorganizzarsi e riposizionarsi in attesa di rinforzi. Putin ha ordinato la mobilitazione di 300 mila uomini, ma ora dice con baldanza che bastano 220 mila. Intanto continua a lanciare decine di missili ogni giorno, ma sa bene che il suo arsenale non è illimitato. Salvo l’enorme riserva di quelle testate nucleari tattiche che rappresentano lo spauracchio dell’Ucraina e del mondo intero.
Probabile che Putin conti sul Generale Inverno per dare una svolta alla guerra giunta all’ottavo mese puntando sulla distruzione delle parti vitali dell’Ucraina. L’espressione “Generale Inverno” nacque proprio in occasione della campagna di Russia di Napoleone nel 1812, quando una lettera del maresciallo Ney affermò che l’Armata francese era stata sconfitta più dalla fame e dal clima che dalle armi dell’esercito zarista. Il concetto si applicò anche al fronte russo della prima guerra mondiale e al fronte orientale del secondo conflitto. In sostanza indica qualsiasi fallimento militare causato dalla natura e dalla inadeguata preparazione degli eserciti invasori ad affrontare determinate condizioni. Poiché per Putin gli invasori sono gli ucraini mentre i russi si dichiarano difensori dei separatisti del Donbas, questo dovrebbe tornare a suo favore. Nessuno tra politologi e strateghi occidentali riesce a vedere un qualsiasi sbocco a breve, di sicuro sarà un inverno tremendo. Per tutti, anche per chi, come noi, i riflessi della guerra se li ritrova in casa con il caro vita, la crisi energetica ed economica.