Cagliari, mercoledì 11 febbraio 2017: corso su “Storia del giornalismo in Sardegna” nell’ambito degli incontri di formazione per l’aggiornamento professionale.
Relatori: Filippo Peretti (presidente Odg) e Francesco Atzeni (Ordinario di Storia contemporanea, presso la Facoltà di Lettere) che parla della nascita dei giornali tra Ottocento e Novecento. Intervengono i giornalisti Enrico Clemente (sul periodo fascista e sul monopolio dell’epoca della Sir) e Carlo Figari (autore del libro sui quotidiani nell’isola). L’incontro si è svolto nella sala conferenze dell’Unione Sarda.
Ecco la relazione tenuta dal prof. Atzeni (nella foto) che riassume un secolo di storia dei giornali in Sardegna.
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Il lungo legame tra giornalisti e mondo universitario
Ringrazio l’Ordine dei giornalisti per l’invito a partecipare a questo corso che offre l’occasione per rafforzare il rapporto che si è instaurato tra stampa sarda e mondo universitario ormai da anni e che permette una fattiva collaborazione e un interscambio, fondamentali per rispondere alle esigenze di formazione e cultura, molto marcate in un periodo di profonde trasformazioni, anche politiche, come quelle che stiamo attraversando.
Il rapporto tra politica e stampa
A me è stato affidato il compito di presentare un profilo della stampa sarda tra ‘800 e ‘900; non sarà possibile chiaramente soffermarmi in modo dettagliato sui vari periodi e sulle specificità delle varie esperienze giornalistiche di ogni tipologia realizzate. Mi soffermerò pertanto su alcuni aspetti e momenti specifici, con particolare attenzione al problema del rapporto tra politica e stampa, e tra stampa e politica, e al rapporto tra stampa e i vari processi politico-culturali o socio-economici di un periodo, quello compreso tra ‘800 e fascismo, di profonde trasformazioni in ogni campo. Se osserviamo il panorama della stampa sarda di oggi e dell’informazione giornalistica (ma anche parzialmente di quella televisiva, dove però c’è una maggiore articolazione) si osserva un duopolio Cagliari-Sassari; nelle due principali città sarde si concentra la maggior parte dell’informazione sarda (e questo è un po’ naturale).
È la realtà dell’800, e così anche nel ‘900.
Il duopolio Cagliari/Sassari
Cagliari e Sassari nell’800 accentrano le principali funzioni politiche, culturali ed economiche, sono i capoluoghi delle due province dell’isola e sono sedi di università. La vita culturale ha come centro queste due città, dove si pubblicano quasi tutti i periodici e giornali usciti tra ‘800 e ‘900 e i due più importanti quotidiani sardi, «L’Unione Sarda», che inizia le sue pubblicazioni a Cagliari nell’ottobre 1889, e «La Nuova Sardegna», che le inizia a Sassari nel 1891.
Quattro periodi distinti
Nella storia del giornalismo dell’isola possiamo distinguere quattro periodi:
1. quello che precede lo Statuto Albertino (1848),
2. il periodo risorgimentale e post risorgimentale (1848 anni novanta),
3. il periodo tra ultimo decennio dell’800 e la Prima guerra mondiale (1915-18),
4. il primo dopoguerra e il fascismo (1919-1925)
Primo periodo
È la libertà di stampa, concessa con lo Statuto Albertino al Regno di Sardegna nel 1848, che segna l’inizio di un nuovo rapporto tra giornalismo, potere politico, ceti dirigenti e società dell’isola.
È questo il periodo della fusione, cioè dell’unione amministrativa, legislativa e giudiziaria tra l’isola e gli Stati di Terraferma, che eliminava i residui dell’autonomia dell’isola.
A sostenere la fusione è stata la borghesia degli impieghi pubblici, i nuovi strati emergenti della borghesia imprenditrice e dei commerci che dal superamento degli antichi privilegi intravvedono la possibilità di un miglioramento e sviluppo dell’isola.
Iniziative nel campo del giornalismo, di diversa impostazione, si erano avute nei decenni precedenti; si tratta però di un giornalismo che si muove nel contesto di uno stato assoluto dove non vi è possibilità di una espressione libera, dove impera la censura.
L’INDICATORE SARDO. Il giornale più importante è l’ “Indicatore sardo” (1832-52), pubblicato a Cagliari; è un giornale che ha il privilegio della pubblicazione delle leggi e dei provvedimenti del governo e l’unico che può trattare argomenti politici in un contesto di totale subordinazione alle linee della politica della monarchia sabauda. Dal 1837 è diretto dai fratelli Antonio, Michele e Pietro Martini. Vi collaborano comunque i più importanti intellettuali sardi dell’800: Ludovico Baylle, Salvator Angelo De Castro, il barone Giuseppe Manno, il canonico Gavino Nino, Giovanni e Giuseppe Siotto Pintor, Giovanni Spano.
Gli anni che precedono la fusione sono anche un periodo in cui si sviluppa una elaborazione culturale portata avanti da una generazione di storici e di intellettuali, pensiamo al Manno, Pietro Martini, Vittorio Angius, Pasquale Tola, il De Castro, lo Spano, Giovanni Siotto Pintor, che con i loro scritti contribuiscono a dare una nuova lettura della Sardegna e della sua storia; studiosi e intellettuali si concentrano nello studio e nella creazione della “identità” sarda, creando un patrimonio culturale, di conoscenze ed anche di valori, che progressivamente diventa comune sia alle élites intellettuali, sia alla borghesia, soprattutto urbana, che è quella più attiva ed è portatrice di nuovi orientamenti e della richiesta di cambiamento.
In questi anni cioè si mette in moto e realizza un processo di costruzione dell’identità sarda e si costruisce un bagaglio culturale che contribuisce a formare un comune sentire intorno alla storia dell’isola, alla sua cultura e alle sue tradizioni e, dunque, intorno alla sua stessa specificità e identità; a far maturare un comune senso di appartenenza. Questi motivi, che caratterizzano largamente la cultura sarda in questi anni, avrebbero inciso anche successivamente nella formazione e nel background culturale di molte generazioni successive e nel concepire e leggere la storia stessa della Sardegna.
Artefici del risveglio culturale di questi anni sono anche giornali e periodici che si affiancano all’“Indicatore sardo” (1832-1852), che, pur non trattando argomenti politici, rivelano come, sia pur gradualmente, il clima culturale, e dunque anche politico, dell’isola si stesse modificando; essi documentano inoltre quale sia stata l’importanza del contributo degli intellettuali al risveglio culturale di quegli anni, che favorisce la ripresa politica e dà un suo specifico contributo alla formazione dello Stato unitario.
Possiamo ricordare la “Gazzetta di Sardegna” di Giovanni Meloni Baille (1832-35), la “Biblioteca sarda” dell’Angius (1838-39), le “Memorie dell’Accademia agraria ed economica di Cagliari” (1835-41), il “Promotore” (Sassari 1840) diretto dallo storico e futuro deputato Francesco Sulis, e “La Meteora” (pubblicata a Cagliari dal 1843 al 1845), diretta dal De Castro, Gavino Nino e Alberto De Gioannis. Sono i principali intellettuali del periodo che animano questi giornali e periodici.
La concessione della libertà di stampa nel 1848 favorisce nell’isola una molteplicità di iniziative. Anche se spesso si tratta di fogli la cui pubblicazione fu di breve durata, talvolta non costante, i giornali pubblicati in questi anni documentano la presenza accanto ai gruppi moderati, liberali e conservatori, anche di gruppi ed esponenti di orientamento democratico, repubblicano e mazziniano, e una pluralità di posizioni ideologiche che rendono il dibattito politico nell’isola articolato e in sintonia con tematiche e proposte culturali e politiche agitate in campo nazionale.
A partire dal 1848 vedono la luce “L’Indipendenza italiana” (1848-49) dei fratelli Siotto Pintor, prima liberal-moderata, poi, con la direzione di Efisio Contini, di indirizzo progressista e democratico, “Il Popolo” (1848-49) dell’avv. Gavino Fara, democratico, “Il Nazionale” (1848), diretto dal giovane Vincenzo Brusco Onnis (poi esponente di rilievo in campo nazionale del mazzinianesimo), “L’Epoca” (1848-59), a Sassari, moderata, diretta da Salvatore Manca Leoni, ”La Favilla” (Cagliari, 1855-1856), “Lo Statuto” (Cagliari, 1854-59), moderato filogovernativo, diretto in un primo momento dall’avv., economista Giuseppe Todde.
È la stampa che è in prima fila nel promuovere il dibattito sulle questioni che riguardano l’isola, come sui più generali sui problemi politici; ed è la stampa che, di fronte ad una assenza di strutture associative politiche che possano assolvere a questo compito, assume il ruolo di punto di riferimento e di elaborazione per la formazione di orientamenti politici di nuclei, militanti ed elettori e svolge inoltre la funzione di dar voce a gruppi e movimenti politici, ai gruppi sociali e agli interessi più o meno organizzati o che iniziano ad organizzarsi; ed è la stampa che ha un ruolo centrale e imprescindibile nel formare una opinione pubblica libera.
Il periodo risorgimentale
LA GAZZETTA POPOLARE. Principale giornale di questo periodo è la “Gazzetta popolare” (1850-69), di Giuseppe Sanna Sanna, democratica (vi collaborarono esponenti di rilievo del campo democratico come Tuveri e Asproni, nel 1854 era stata diretta, dal 1º maggio al 31 dicembre, dal Brusco Onnis). Il giornale si caratterizzò per la polemica contro il Cavour e la sua politica di sfruttamento delle risorse dell’isola che favoriva imprenditori e speculatori liguri e piemontesi, schierandosi contro i fogli ministeriali isolani, in primo luogo “Lo Statuto”, e contro gli esponenti della camarilla, nome con cui veniva designato un gruppo che annoverava persone che avevano percorso una brillante carriera ai tempi dell’assolutismo e che dopo il 1848 erano diventati liberali moderati e che veniva accusata di utilizzare il mandato parlamentare per tutelare gli interessi (anche di carriera) del proprio gruppo e di schierarsi costantemente a favore del governo, anche nel momento in cui venivano presi provvedimenti che, si accusava, erano negativi per l’isola. Nel 1861 il giornale insorse contro il disegno di Cavour di cedere la Sardegna alla Francia (come altri giornali), rivendicando l’italianità dell’isola, ribadita anche nel noto opuscolo del Mazzini “La Sardegna”, poi su posizioni più moderate,
Lentamente il foglio subì una marcata evoluzione moderata al punto che Tuveri l’abbandonò nel 1863 che è da ricercare nei legami del Sanna Sanna con la Società concessionaria delle ferrovie sarde che con legge 4 gennaio 1863 aveva ottenuto come corrispettivo per la costruzione della ferrovia nell’isola 200 mila ettari di terreni ex ademprivili (cioè ex feudali) e che, come è noto, susciterà violentissime polemiche e lunghi contestazioni giudiziarie fra la Società ferroviaria, i comuni e i privati che finiranno per rendere inoperosa la stessa legge, tanto che alla costruzione della ferrovia si poté arrivare solo con una nuova convenzione. Il giornale è anche espressione degli interessi del Sanna Sanna, proprietario della tipografia Nazionale e poi della tipografia della “Gazzetta popolare”, con interessi nelle società minerarie e nella società ferroviarie.
La stampa di questo periodo ebbe un ruolo un importante nel contributo dato al maturare di una maggiore coscienza politica e nell’agitare e portare a conoscenza dell’opinione pubblica problemi che caratterizzavano quella che proprio in questi anni, nel 1867, Giovanni Battista Tuveri definì “questione sarda”. È la stampa che svolge un ruolo determinante nel favorire la crescita del dibattito politico, sia perché essa funge da raccordo tra i vari gruppi locali, i notabili, i ceti sociali che rappresenta e i nuclei politici di cui diventa portavoce, sia perché in assenza di altri luoghi di confronto fra i diversi gruppi, politici e locali, e la rappresentanza parlamentare sarda e di fronte alla sua frammentazione e non unità funge da stimolo per il suo coordinamento politico in difesa dell’isola, come fa la “Gazzetta popolare” che nel 1857, poco prima delle elezioni, sostiene la necessità che i deputati sardi costituiscano alla Camera “un parlamento privato”, nel quale i rappresentanti dell’isola avrebbero dovuto discutere dei suoi problemi e portare poi le «decisioni di questa speciale assemblea nella camera elettiva, propugnandole risolutamente e coraggiosamente contro tutti».
La Gazzetta popolare rappresenta negli anni ’50 e ’60 una componente dell’opposizione costituzionale contro i governi della Destra assieme al Corriere di Sardegna (1864-79) e ai giornali repubblicani e mazziniani pubblicati prevalentemente a Sassari.
Alla Gazzetta popolare che da 1850 domina quasi incontrastata la sena giornalistica nel 1864 si contrappone il Corriere di Sardegna, espressione della Massoneria sarda, guidato inizialmente dal fratello Gavino Scano e finanziato dall’avv. Antonio Satta Musio. La Massoneria che si riconosceva nella loggia Vittoria raccoglieva un discreto numero di esponenti dei ruoli amministrativi, universitari e imprenditoriali. Fra di essi Luigi Zanda medico e professore universitario, il senatore Gavino Scano, avvocato, docente e pubblicista, Francesco Stara professore universitario.
Scano e Stara diressero il Corriere fino al 1867, anno in cui passò sotto controllo di Giovanni De Francesco.
Il pubblico a cui “Il Corriere di Sardegna” (1864-1879) si rivolge è costituito dalla piccola e media borghesia urbana, professionisti, imprenditori, commercianti, ceto impiegatizio statale, artigiani, operai qualificati, cioè ceti sociali, soprattutto urbani, più sensibili ai progetti di modernizzazione, trasformazione e sviluppo della società e dell’economia isolane.
Attenzione particolare era rivolta al mondo dell’associazionismo operaio e alle società di mutuo soccorso intese come, strumento di emancipazione anche politica e comunque strutture di riferimento in occasione delle elezioni.Sono questi i ceti sociali di riferimento della stampa sarda del periodo postrisorgimentale assieme ai possidenti e ai ceti medi rurali, quei medi proprietari che costituiscono la maggioranza della società sarda assieme ai piccoli e piccolissimi proprietari e ai contadini.
Le cifre degli analfabeti nell’isola d’altronde parlano chiaro del potenziale bacino di riferimento per la stampa:
1861: 91,17%
1871: 88,06%
1881: 82,68%
1901: 72,80% in Italia: 48,90%
A Sassari si fa largo Il Popolano (1860-72), moderato, prevalentemente in difesa degli interessi riguardanti proprietà rurale, in particolare media. A dirigere e collaborare con questi giornali sono intellettuali, avvocati, studenti … manca ancora una stabile struttura di redazione (come la conosciamo oggi) manca la figura del giornalista professionista che inizia a emergere ora. Pensiamo a una figura come Tuveri.
De Francesco e L’Avvenire di Sardegna
Abbiamo accennato alla figura di Giovanni De Francesco. Il De Francesco è la prima figura di giornalista professionista che opera in Sardegna. Campano aveva diretto il Corriere di Sardegna. È suo il principale quotidiano sardo degli anni ’70 e ’80 l’Avvenire di Sardegna (1871-1893). De Francesco è vicino politicamente agli ambienti democratici liberali della sinistra zanardelliana e a Pietro Ghiani Mameli fondatore del Credito Agricolo Industriale Sardo.
È il gruppo che vede emergere in questi anni la figura di Francesco Cocco Ortu destinato ad avere importante ruolo a livello nazionale. Attorno a questo gruppo si coagula l’opposizione della sinistra liberale contro i governi della Destra, che ha modo di salire alla ribalta e diventare punto di riferimento per quei ceti sociali che spingono per avviare un processo di rinnovamento e di modernizzazione dell’isola in occasione dell’agitazione legale per il completamento della rete ferroviaria sarda che si realizza tra il 1874 e il 1875 e che determinò anche l’ascesa politica del Cocco Ortu, deputato dal 1876.
L’Avvenire di Sardegna non solo è espressione dei ceti medi urbani e rurali interessati ai processi di modernizzazione dell’isola, ma è anche legato anche a quei gruppo che hanno propri interessi in Tunisia. Il giornale si proclama <<Organo della colonia italiana in Tunisia>>. L’attenzione alla Tunisia è da datare agli anni 50 anche grazie all’allungamento della linea marittima Genova-Cagliari a Tunisi. In Tunisia c’è una consistente colonia italiana (livornesi, siciliani, sardi) e in Tunisia ci sono importanti investimenti nelle miniere del Credito Agricolo Industriale Sardo ed anche interessi del De Francesco e di altri. Dopo il 1878 come è noto la Tunisia entra negli obiettivi di espansione della Francia (che la occupa nel 1881); proprio nell’azione di contrasto all’opera di penetrazione francese si distingue l’Avvenire di Sardegna, e altri giornali che vengono stampati a Cagliari e che nascono nell’ambito del giro del quotidiano cagliaritano, “Italia insulare”, “Sardegna e Tunisia”, “El Mostakel (L’Indipendente), dal 1880, scritto in arabo e finalizzato a suscitare la resistenza alla penetrazione commerciale francese.
A SASSARI DOMINA LA SARDEGNA. A Sassari unico giornale di questo periodo che riesce ad offrire per circa 10 anni una continuità di presenza nel campo dell’informazione è La Sardegna (1882-1893), fondato da Giuseppe Giordano Apostoli deputato dal 1880 al 1909 di Alghero.
A questi giornali di orientamento liberale si affiancano e contrappongono giornali di orientamento democratico e repubblicano e cattolici. A Sassari dal periodo risorgimentale si forma un forte gruppo democratico-repubblicano sassarese, che svolgerà un ruolo di rilievo nella storia politica isolana nella seconda metà dell’800, nell’età giolittiana e tra dopoguerra e fascismo. Il gruppo nasce e prende forma, per svilupparsi progressivamente nei decenni successivi, dall’azione di proselitismo che nella seconda metà degli anni Cinquanta alcuni intellettuali di orientamento mazziniano, Soro Pirino, Giuseppe Giordano, Giacomo Leoni e Antonio Nieddu, svolgono tra i soci della locale società operaia di mutuo soccorso, cui riescono a dare un orientamento politico democratico mazziniano.
I GIORNALI MAZZINIANI. A questo periodo possiamo far risalire il primo radicamento del gruppo democratico-mazziniano nel tessuto associativo e nelle lotte politiche cittadine, ed è alla seconda metà degli anni Cinquanta che risale la pubblicazione di alcuni giornali di area democratica ideologicamente e programmaticamente democratici e mazziniani, come “Il Credente” (1857-58), diretto da Giuseppe Giordano, e “L’Incamminamento alla libertà” (1860), diretto da Pietro Paolo Siotto Elias. Questa stampa si pone un preciso obiettivo di formazione e di educazione politica, come è tipico del giornalismo mazziniano e democratico, ponendo nella formazione politica e nella presa di coscienza da parte del popolo dei suoi diritti civili e politici la possibilità della sua emancipazione.
Compaiono inoltre tematiche che costituiscono già in questi anni, e lo costituiranno nei decenni successivi, punti fondanti della cultura politica dei democratici sardi: la difesa delle autonomie locali, comunali e provinciali, nei confronti del potere centrale e la difesa degli interessi dell’isola, sfruttata e angariata sul piano politico, sociale e fiscale da un potere centrale giudicato lontano e ostile.
Mazziniana è la matrice ideologica del gruppo repubblicano sassarese che fa capo al Soro Pirino e che negli anni settanta si rafforza come documentano la pubblicazione di numerosi giornali repubblicani, lo sviluppo organizzativo e i risultati elettorali.
Negli anni Settanta vedono la luce “La Giovine Sardegna” (1872-73), diretta da Bardilio Delitala, “La Cosa pubblica” (1874-75), diretta da Giuseppe Giordano, “La Squilla” (1877-79), “La Provincia di Sassari” (1881-82). Principali fogli sardi di orientamento repubblicano e democratico della fine dell’età della Destra e dei primi anni dell’età della Sinistra, questi giornali espongono e divulgano le tematiche sociali, politiche ed etiche della dottrina mazziniana, trattano i problemi del lavoro e svolgono propaganda a favore dell’associazionismo operaio. Sono presenti, come nell’altra stampa che si riconosce nel mazzinianesimo, note polemiche contro l’Internazionale, perché separa la questione economica da quella politica. Questi fogli si caratterizzano inoltre per un più stretto collegamento con il movimento mazziniano e repubblicano in campo nazionale sul piano delle battaglie sia ideologiche, sia politiche. Costante è inoltre la loro partecipazione alle lotte elettorali e l’attenzione ai problemi regionali (quali il fiscalismo e la questione delle opere pubbliche …) e la denuncia dei ritardi e delle carenze degli interventi dello Stato per superare le difficoltà e l’arretratezza dell’isola.
La stampa cattolica
La presenza della stampa cattolica è concentrata a Cagliari. Alla pubblicazione a Cagliari tra il 1872 e il 1873 del quotidiano, poi trisettimanale e infine settimanale La Lealtà, cui si affiancò nel 1873, per circa un anno, L’Operaio cattolico, erano seguiti i periodici L’Unione cattolica (1874-75), La Voce della Sardegna (1876-1880) e Il Risveglio (dal 1882 al 1895, con una interruzione nel 1890), con i quali i cattolici militanti, e in particolare i ristretti gruppi che si impegnarono in prima persona nel giornalismo, mirarono a contrastare il monopolio dell’informazione detenuto dai gruppi liberali e democratici.
Sul piano tecnico, organizzativo e culturale questa stampa non poteva certo reggere il confronto con la stampa d’opinione di orientamento liberale o democratico, quali L’Avvenire di Sardegna, quotidiano pubblicatosi a Cagliari dal 1871 al 1893, e poi L’Unione Sarda, che iniziò le sue pubblicazioni nel 1889, e La Nuova Sardegna, che si pubblicò a partire dal 1891; e questo almeno fino alla fine dell’800.
Il terzo periodo: a cavallo del secolo
TRA CAGLIARI E SASSARI. Alla fine dell’800 le due principali città sarde, Cagliari e Sassari, si presentano in fase di espansione demografica ed economica, con una vivace vita culturale e politica e con una classe dirigente dinamica, che ne asseconda lo sviluppo e mira a dargli un indirizzo e una guida. Le due città svolgono nel contesto sardo un ruolo di egemonia pressoché incontrastato. Gli altri più importanti centri isolani, Nuoro, Tempio, Alghero, Iglesias, Oristano, rappresentano punti di riferimento per i rispettivi circondari, ma non hanno né le dimensioni, né un ruolo politico e sociale paragonabile a quello delle due città più importanti. Cagliari e Sassari accentrano le principali funzioni politiche, culturali ed economiche, sono i capoluoghi delle due province dell’isola e sedi di università. Tra la fine dell’800 e il primo ‘900 le due città principali isolane (nel 1901 Cagliari ha 53.000 abitanti, Sassari 38.000) concentrano in sé i più importanti progetti di sviluppo e d’imprenditoria. Vero è che le campagne e altri centri a prevalente economia agricola e pastorale vedono emergere anche una nuova élite, espressione di alcuni settori più attivi e intraprendenti del mondo rurale, che si viene formando nel contesto della dinamica sociale ed economica del primo quindicennio del ‘900, favorita anche dalle disposizioni della legislazione speciale e dal processo di trasformazione e di modernizzazione che interessa alcuni settori del mondo produttivo delle campagne: ma è una potenziale classe dirigente nuova, a livello municipale o regionale, perché o è legata alla tradizionale classe dirigente, e di questa spesso è espressione, o potrà animare il tentativo di rinnovamento della politica solo nella Sardegna del primo dopoguerra.
Cagliari e Sassari sono storicamente il punto di raccordo e di riferimento per un vasto territorio, che per Cagliari comprende l’ampia pianura agricola del Campidano fino ad Oristano e include in sostanza tutta la parte meridionale e centrale dell’isola, mentre per Sassari (col suo porto naturale di Porto Torres) è la parte settentrionale dell’isola e gran parte del Nuorese. Le due città registrano un processo di terziarizzazione avanzato, soprattutto Cagliari, centro amministrativo e di servizi, ma con una rilevante presenza di una vivace e attiva borghesia commerciale e imprenditrice, mentre a Sassari il legame col mondo agricolo rimane forte e l’agricoltura resta ancora la base portante del sistema economico sassarese, in un contesto in cui però hanno ormai acquisito un ruolo di primo piano i trasformatori dei prodotti agricoli e gli intermediari commerciali.
Ceto sociale che nei due contesti urbani ha acquistato un ruolo determinante è la borghesia urbana, sia professionale, intellettuale e quella legata agli impieghi pubblici e privati, sia la borghesia imprenditrice e commerciale. Professionisti, intellettuali, impiegati, commercianti, imprenditori sono maggiormente sensibili ai progetti di modernizzazione e di trasformazione sociale e alle suggestioni ideologiche e politiche, o patriottiche e nazionali, o di rinnovamento democratico e sociale, che provengono dal contesto nazionale, e sono partecipi della circolazione delle idee che alimentano la cultura europea.
Per queste loro caratteristiche le due principali città isolane si presentano nell’800 e nel ‘900 come i due centri in cui il dibattito politico e ideologico è più articolato e la lotta politica acquista caratteri ideali e un’articolazione organizzativa quali si venivano delineando nei centri politicamente più attivi e avanzati. Ed è per questo motivo che nelle due città si concentra la pubblicazione dei principali giornali.
Nascono L’Unione Sarda nel 1889 a Cagliari e La Nuova Sardegna nel 1891 a Sassari.
L’Unione Sarda è politicamente schierato col gruppo che fa capo al deputato Francesco Cocco Ortu. Con lui sono Enrico Lai, Antonio Cao Pinna, Alberto Castoldi, Salvatore Parpaglia, Luigi Merello, Giovanni Maria Solinas Apostoli, Antonio Ponsiglioni, in contrasto col gruppo “Casa Nuova” guidato dalla figura emergente di Ottone Bacaredda che sarà sindaco del capoluogo dal 1889 al 1921. Cocco Ortu, personaggio politico preminente, porta avanti anche a Roma, un’azione di modernizzazione dell’isola che si incentra riassetto idrogeoligico del territorio, che è quello che chiedono imprenditori, borghesia urbana e rurale interessati processo di sviluppo. In questa prospettiva vengono promulgate le leggi speciali per l’Isola del 1897, 1902, 1907, che puntano al riassetto idrogeologico, alla sistemazione dei fiumi, alle bonifiche, al credito agrario e all’associazionismo cooperativo agrario.
A Sassari La Nuova Sardegna nasce attorno a Filippo Garavetti, Enrico Berlinguer, Pietro Moro, Pietro Satta Branca. Questo gruppo si forma per l’esigenza far uscire movimento repubblicano sassarese dalle secche dell’astensionismo e portare una forte voce nell’agone politico nella prospettiva di azione di modernizzazione e sviluppo industriale della città.
Filippo Garavetti diventa il deputo di Sassari negli anni ’90, in un clima strenua contrapposizione con il gruppo moderato liberale e poi giolittiano. I Repubblicani diventano forza egemone in città, Satta Branca diventa sindaco nel 1899 per 15 anni
L’associazionismo cattolico e radicale nel primo 900
A partire dagli ultimi anni dell’Ottocento la presenza cattolica tende a rafforzarsi e ad essere più diffusa e incisiva. La nascita di associazioni di mutuo soccorso tra operai e agricoltori nel 1893-94 a Sassari, a Iglesias e a Ozieri, la successiva costituzione di comitati diocesani e parrocchiali a Cagliari e a Iglesias e in altri centri, la pubblicazione a Cagliari di un quotidiano, La Sardegna cattolica (1897-1906), i primi incontri di coordinamento organizzativo, segnano l’avvio di un rilancio nel campo associazionistico e propagandistico, destinato ad acquistare maggiore vitalità nel primo quindicennio del ‘900, cui dà slancio il maturare di quei fermenti che erano cresciuti parallelamente al dibattito ideologico e che portarono alla diffusione anche nell’isola delle idee democratico cristiane. Era la risposta cattolica al rafforzarsi nell’isola delle associazioni e delle correnti democratiche, radicali e repubblicane, soprattutto in alcune zone settentrionali della regione,
Altre iniziative intraprese nel campo sociale, economico e formativo si collegano al più vasto movimento di promozione dell’Azione cattolica e dell’associazionismo, che trova nuovo impulso nei convegni e congressi tenuti dai cattolici sardi a Cagliari e a Nuoro tra il 1908 e il 1909, nei quali si gettano le basi per uno stretto collegamento tra la promozione generale dell’azione cattolica, dell’associazionismo religioso e delle organizzazioni di carattere economico e sociale, a favore delle quali svolge un’intensa azione di propaganda la stampa cattolica del periodo, i quotidiani L’Armonia sarda (1904-1906) e Il Corriere dell’Isola (1907-1913) e i settimanali La Voce di Sardegna (1907), Libertà (dal 1910) e La Voce del popolo (1913-1919).
Con La Sardegna cattolica e Il Corriere dell’Isola, i due più importanti giornali cattolici del periodo che precede la prima guerra mondiale, emerge la figura dell’avv. Enrico Sanjust, quale giornalista dotato di notevole cultura e capacità dialettiche, quale polemista qualificato e leader indiscusso dei cattolici cagliaritani e sardi del periodo. Con queste pubblicazioni si assiste ad un progressivo mutamento negli orientamenti e negli indirizzi della stampa cattolica, che non affronta solo, o in prevalenza, i tradizionali temi della violazione dei diritti della Santa Sede, che non sostiene solo la polemica nei confronti del liberalismo e dell’anticlericalismo, tipici della stampa cattolica ottocentesca e protestataria, ma comincia a misurarsi con i problemi legati allo sviluppo economico, ai nuovi problemi sociali del paese innescati dai processi di trasformazione, di sviluppo e di modernizzazione in atto, già sollevati dalla Rerum novarum di Leone XIII.
Nei quotidiani cattolici del periodo, soprattutto nel Corriere dell’isola, questo orientamento in parte nuovo è accompagnato sul piano giornalistico da un ammodernamento sul piano tecnico e grafico: servizi e corrispondenze più accurate, critica teatrale, sezione culturale sono aspetti che pongono, o comunque mirano a porre questa stampa cattolica sullo stesso piano dei principali organi di informazione e dei giornali di opinione di tradizione liberale e democratica, come L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna, e di altre esperienze giornalistiche del periodo, quali il quotidiano cagliaritano radicale Il Paese (1905-1907).
Più significativa diviene la presenza dei cattolici anche nel campo politico. All’intervento nelle competizioni elettorali amministrative, che vedono una partecipazione attiva a Sassari e soprattutto a Cagliari, dove i cattolici si presentano anche con proprie liste, spesso concordate con gruppi liberali, si accompagna una presenza nelle consultazioni politiche che diviene col passare degli anni sempre più marcata.
Il movimento socialista e i suoi giornali
Il movimento socialista aveva cominciato a muovere i suoi primi passi nell’isola attorno alla metà degli anni novanta dell’800, quando erano stati costituiti a Tempio, sul finire del 1894, una sezione socialista (che era in realtà un circolo di propaganda socialista creato da un gruppo di giovani intellettuali borghesi col fine di sensibilizzare politicamente gli operai della zona, destinato a una breve vita), a Cagliari, nel gennaio 1895, un circolo socialista, collegato al partito in campo nazionale, ad opera di un ristretto gruppo di intellettuali, e a Sassari un circolo socialista nel maggio 1896; organizzazioni però deboli sia come forza numerica, che come peso politico.
L’anno che rappresenta l’inizio di una svolta nella storia del movimento socialista sardo è però il 1896 e coincide con il trasferimento a Cagliari dello studente piemontese Giuseppe Cavallera, che, lasciata la sua regione d’origine per sfuggire alle persecuzioni politiche, era stato inviato in Sardegna dalla direzione del Partito socialista anche con compiti di propaganda. Fu grazie alla sua esperienza organizzativa che il movimento operaio e socialista sardo sarà in grado di percorrere un nuovo indirizzo, che si basava su un più saldo rapporto col partito in campo nazionale, su un collegamento dell’azione socialista nell’isola con le direttive del centro, sulla promozione delle organizzazioni di resistenza. Quando si svolse ad Oristano, il 28 febbraio 1897, il primo congresso socialista sardo, risultavano costituiti sezioni e circoli socialisti a Cagliari, Sassari, Ozieri, Terranova (Olbia), Tempio, Lanusei, Carloforte e in alcuni altri centri, anche se si trattava ancora di ristretti nuclei di militanti che trovavano notevoli difficoltà nell’azione svolta, spesso frammentaria, di propaganda e di proselitismo. Erano frattanto comparsi i primi fogli socialisti: a Cagliari L’Idea socialista (nel 1897) e La Volontà (nel 1899); a Sassari La Voce del popolo (1899), Il Risveglio operaio sardo (1901) e L’Aurora (1901-1902).
Ma è nel campo sindacale che l’impegno organizzativo socialista, grazie all’azione del Cavallera, era diventato concreto con la costituzione a Cagliari dei primi organismi di categoria fra i ferrovieri, aderenti alla Lega ferrovieri italiani, e soprattutto a Carloforte, dove nel 1897 era stata creata una Lega fra i battellieri (lavoratori addetti al carico e al trasporto del minerale dalle miniere dell’Iglesiente, gestite da società a capitale nazionale ed estero, sulle navi dirette ai luoghi di trasformazione fuori dall’isola).
Con gli inizi del ‘900 il centro dell’attività dei propagandisti socialisti era diventata la zona mineraria dell’Iglesiente, nella quale Carloforte aveva acquistato il ruolo di punta avanzata del movimento operaio sardo,
Nel 1903, al secondo congresso nazionale della Federazione dei minatori, tenutosi a Massa Marittima, Cavallera rappresentò i circa 4.000 aderenti alle leghe di Buggerru, Nebida, Masua, Gonnesa e Iglesias. Con la costituzione, alla fine del 1903, della Federazione regionale sarda fra le leghe dei minatori ed affini (alla quale avevano aderito le leghe di resistenza costituite nei centri minerari e la lega dei battellieri e degli scaricatori di Carloforte), l’organizzazione sindacale nelle miniere si era consolidata, dotandosi di un organo di coordinamento, Giuseppe Cavallera fu eletto deputato di Iglesias nel 1913.
Nel periodo che precede la Grande guerra escono numerosi fogli promossi dai socialisti: La Lega (Cagliari, 1901-1904), Primavera umana (Cagliari-Iglesias, 1904-1905), L’Avanguardia socialista (Cagliari, 1907), La Folla (Cagliari, 1907-1908), La Via (Sassari, 1907-1909), La Forza proletaria (Cagliari, 1908-1909), L’Avvenire (Cagliari, 1908-1909), La Voce del popolo (Cagliari, 1909-1910), Il Momento (Cagliari, 1910-1912), e Il Risveglio dell’isola (Cagliari 1912-1922) che riuscirà ad uscire sino all’avvento del fascismo.
Il quarto periodo: il dopoguerra e l’avvento del fascismo
Il quarto periodo della stampa sarda si sviluppa in parallelo al dibattito politico che porterà all’avvento del fascismo e alle posizioni nell’Isola dei sardo-fascisti. Le vicende di questo periodo ruotano attorno alla storia dei due principali quotidiani: L’Unione Sarda che, sotto la proprietà dell’imprenditore Ferruccio Sorcinelli verrà presto fascistizzato, e La Nuova Sardegna che verrà chiuso nel 1926 per riaprire solo dopo la fine della Seconda guerra mondiale. In questo contesto si inquadrano le vicende de Il Giornale di Sardegna (1923-gennaio 1926) fondato dallo stesso Sorcinelli in opposizione, L’Isola (1924-1946), Il Corriere di Sardegna (1920-1926), la Libertà, La Voce dei combattenti (1919-1921) quindicinale poi mensile e la vice dei sardisti Il Solco (agosto 1919-1926).