Hanno vinto Putin e il meticciato

Un primo bilancio dei Mondiali

Bellissimi questi Mondiali di calcio. A poche ore dalla conclusione si può già tirare un primo bilancio dell’edizione 2018, in attesa del verdetto finale che darà il titolo alla blasonata Francia o alla sorpresa Croazia. I campionati senza l’Italia si chiudono comunque come un successo a tutti i livelli dove c’è già un vincitore: il presidente Putin che, pur tenendo un basso profilo mediatico, ha saputo mostrare la faccia positiva della sua Russia.

Gli stadi dalle architetture avveniristiche sempre pieni. Trasporti efficienti, città pulite e accoglienti, sicurezza ai massimi gradi ma discreta e mai invadente, come ci raccontano gli inviati di tv e giornali. Gente ospitale, piazze e locali affollati, una splendida cartolina di un grande Paese che proprio sul turismo punta la sua strategia per tenere vivo il rapporto con l’Europa e il mondo, mentre nei consessi internazionali si discute sulle alleanze politiche e militari contro Mosca.

Mondiali Russia (Pdf articolo)

I 35 mila militari della Nato posizionati sui confini tra Polonia, Ucraina e Paesi Baltici, le ipotesi di rafforzare il sistema difensivo del Patto Atlantico in chiave dissuasiva antirussa, stridono con l’immagine sorridente e amichevole di questo popolo che certo non vuole tornare alle chiusure e al “freddo” dell’ex Urss di epoca sovietica. Qui emerge l’evidente contraddizione dell’animo russo che ha trovato nel nuovo zar Putin l’espressione migliore della strada al neocapitalismo postsovietico.

I russi vogliono stare in Europa, puntano ad incrementare gli affari con la Germania (pensiamo al gasdotto che tanto fa imbestialire Trump) e i Paesi occidentali, ma nello stesso tempo non vogliono rinunciare al ritrovato ruolo di superpotenza, capace di far sentire la sua voce nello scacchiere strategico internazionale. Come è accaduto con l’appoggio ai secessionisti ucraini del Donbass e poi in Siria, dove la partita di guerra e potere è ancora in pieno svolgimento.

Si può dire invece finita la partita calcistica della Russia. La squadra è uscita ai quarti battuta solo ai calci di rigore dallo straordinario Belgio e comunque raggiungendo un ottimo risultato che ha spinto Putin a definire “eroici” i suoi giocatori.

Eccezionale il seguito di pubblico televisivo mondiale con oltre un miliardo di spettatori giornalieri, anche in Italia dove le due semifinali hanno fatto registrare numeri da record: 10,2 milioni davanti alla tv e 46,5 per cento di share per Belgio-Francia, subito superati da Croazia-Inghilterra con 10,8 milioni e 47,2.

Il calcio continua ad essere la star incontrastata della tv. Non vogliamo entrare qui nell’aspetto sportivo, lasciando il compito ai colleghi specialisti che hanno già indicato i campioni vecchi e nuovi emersi in questi Mondiali, dalla delusione di Messi alla gloria nascente del giovane Mbappè, dai goleador spuntati ai miracoli dei portieri para-rigori, dagli arbitraggi sostanzialmente validi grazie anche all’utilizzo del Var al fair play ammirato in campo dove gli abbracci calorosi, i vincitori che consolavano i perdenti in lacrime, una generale correttezza senza falli ed eccessi visti in passato, fanno pensare che lo sport sia ancora una zona franca di pace come al tempo degli antichi greci.

Ma questi Mondiali sono soprattutto la risposta concreta contro i nazionalismi dominanti ed emergenti, anche in Italia dove in questi giorni non si parla d’altro che di migranti e di una classe politica divisa sulle linee e le competenze. I veri vincitori di questi campionati sono stati i giocatori di origine africana, in gran parte europei di seconda o terza generazione. Senza di loro la nazionale francese non potrebbe sopravvivere, o vincere in quel modo, basta pensare che il gol decisivo contro i belgi lo ha segnato un giovane di nome Umtiti, che la stella nascente si chiama Mbappè ed è figlio della periferia parigina più emarginata, e che il leader della squadra è l’ex juventino Pogba. Ma vale anche per gli sconfitti belgi i cui uomini migliori sono Mousa Dembélé e Romelu Lukaku, certo non di origini fiamminghe o vallone.

Fonti:

Da L’Unione Sarda, 14.07. 2018

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