Terminata la guerra di corsa che aveva visto la Sardegna come vittima preferita degli equipaggi tunisini con decine di incursioni annuali (41 nel solo 1815), a partire dagli anni Venti dell’Ottocento il Regno sabaudo, la cui classe dirigente era fortemente permeata dal militarismo, inviava nella sua rappresentanza consolare a Tunisi topografi e tecnici militari (Brondino 2005). Le flotte occidentali avevano spento le ultime fiammate della guerra di corsa nordafricana nel nome di una “mistica difesa della sicurezza dell’Europa”, stabilendo un ordine internazionale nuovo che condannava pirateria e schiavitù (Guemara 2004). Il rapimento a Sant’Antioco di 150 abitanti aveva indignato i rappresentanti delle nazioni riuniti nel Congresso di Vienna convincendoli ad affidare alla Gran Bretagna la missione di porre fine alla guerra di corsa con il sanguinoso bombardamento della città di Algeri, nell’agosto del 1816. Lo stesso anno verrà aperto il consolato sardo a Tunisi con la nomina del conte Palma di Borgofranco, militare di carriera, che giudicherà moralisticamente come corrotta l’intera classe dirigente tunisina a cominciare dal bey.
La vicinanza della Sardegna a Tunisi, nonostante la debolezza del governo di Torino nel panorama internazionale, verrà considerata motivazione sufficiente per ipotizzare, da parte dei primi diplomatici sabaudi a Tunisi, protagonismi coloniali. Il successore del console Palma, il conte Filippi, propose al governo di Torino, in un impeto militarista, lo «sbarco di otto in dieci mille [soldati], coi quali non sarebbe che l’affare di poche ore il dettar legge nel Bardo ad un tempo ed in Tunisi […] e fissare sul castello della Goletta il glorioso stendardo di S. Maestà e così richiamare questi barbari al dovere, al rispetto». Equilibrata la risposta del governo di Torino contrario in quegli anni a un’avventura coloniale: rispettare la neutralità del regno di Sardegna evitando «di prendere misure ostili contro una potenza musulmana».
I legami tra Cagliari e Tunisi
Nella seconda metà dell’Ottocento saranno particolarmente rilevanti gli investimenti e il costante collegamento della compagnia marittima Rubattino che, collegando costantemente Cagliari e la Sardegna a Tunisi, permetteranno alla città sarda e alla sua stampa di fungere da testa di ponte nei confronti della Tunisia nei mesi cruciali del dispiegamento militare che porterà al protettorato francese. Nel 1877 era stata oggetto di vivace discussione parlamentare la convenzione dello Stato italiano con la società Rubattino e Florio per la navigazione marittima che prevedeva l’uso di navi a vapore per il servizio postale e commerciale fra “il continente e l’isola di Sardegna, con diramazioni a Palermo, a Tunisi ed a Marsiglia”, a giorni alterni e non quotidianamente come invece “tenacemente” volevano i sardi, sottolineava Il Corriere della Sera del 2 aprile 1877. Il commercio italiano con Tunisi soverchiava la piazza di Cagliari che fungeva da scalo intermedio nella tratta Tunisi, Genova, Marsiglia e la quantità di merci tunisine, saturando le stive, impediva l’imbarco a Cagliari di qualunque merce. La Camera di Commercio cagliaritana aveva auspicato la rottura del monopolio della compagnia genovese di Rubattino contro la quale entrava in concorrenza la Valery marsigliese, con una linea Marsiglia-Cagliari, mentre non era stato concesso a compagnie di navigazione sarde di entrare in concorrenza sulla tratta tunisina con la Rubattino (Il Corriere della Sera, 7-8 ottobre e 30 ottobre 1880).
Lo scacchiere coloniale europeo in Africa, già prima del 1881, aveva dato per acquisita l’influenza della repubblica francese sulla Tunisia. Vi erano segni evidenti in tal senso, a cominciare dalla perdita della gestione di tratti ferroviari tunisini a favore di società francesi (Bona Guelma) rispetto alla potente società italiana Rubattino, già finanziatrice dei protagonisti del Risorgimento e dell’unificazione italiana (Il Corriere della Sera, 27 giugno 1880. Cominciava a prospettarsi l’ipotesi che per il giovane regno d’Italia fosse meglio un futuro coloniale verso la Libia, considerando ormai irrealizzabili le mire nei confronti della Tunisia (Le Temps, 3 maggio 1881.
Il protettorato francese e la stampa sarda
Nel 1881, anno della nascita del protettorato francese sulla Tunisia, non si interromperà l’afflusso di emigrati italiani demograficamente predominanti nel Paese nord-africano, con sardi e siciliani che rappresentavano una componente di notevole importanza. Dalla Sardegna continuerà a giungere manodopera generica e specializzata, assieme a esponenti di un nuovo e dinamico ceto imprenditoriale e intellettuale. All’atto dell’invasione francese saranno Cagliari e la sua stampa a fornire non solo all’opinione pubblica italiana ed europea, ma anche a quella nordafricana, un’informazione continua e alternativa rispetto ai giornali d’Oltralpe. I corrispondenti da Tunisi de L’Avvenire di Sardegna erano la fonte continua del Corriere della Sera, che riferiva quotidianamente l’evolversi militare e politico.
La diffusione del Mostakel
I giornali francesi ipotizzarono una grandiosa diffusione del cagliaritano Mostakel, scritto e stampato in arabo, distribuito in buona parte del Nord Africa, sospettando che fosse finanziato dal governo di Roma e sorretto dal consolato italiano17. El Mostakel veniva accusato di essere lo strumento fondamentale della propaganda italiana antifrancese per sobillare le popolazioni tunisine contro la presenza francese (Le Temps, 15 dicembre 1881). Al giornale arabo cagliaritano si imputò un ruolo rilevante nelle fasi iniziali e sanguinose che videro gli armati dei gruppi etnici Krumiri scontrarsi, in una dura guerriglia, contro l’esercito francese al confine tra Algeria e Tunisia. La repubblica francese utilizzerà questi primi scontri come casus belli per l’invasione della Tunisia, preparata in realtà con molto anticipo (Le Temps, 15 dicembre 1881).
Il ruolo dei giornali italiani
Nei mesi precedenti l’occupazione francese la stampa italiana, a cominciare dal Corriere della Sera, datava da Cagliari le prime notizie su Tunisi con telegrammi quotidiani indirizzati a L’Avvenire di Sardegna dal Nordafrica. Venivano descritti i preparativi per l’invasione, abbinati a dure trattative diplomatiche con minacce del governo di Parigi nel caso Costantinopoli fosse intervenuta sul Bey. I giornali italiani elencavano amaramente le occasioni perse dallo stesso regno di Sardegna, al quale Napoleone III avrebbe offerto, dopo la Guerra di Crimea, Tunisi, mentre l’Egitto sarebbe stato destinato all’Inghilterra e il Marocco alla Francia (Le Correspondant, in Il Corriere della Sera, 7-8 ottobre 1878, p. 1).
La crisi tunisina (1881)
Nella primavera del 1881 la crisi tunisina occupava buona parte delle prime pagine dei giornali francesi e italiani (Il Corriere della Sera, 6-7 aprile 1881): “I dispacci dicono che l’occupazione francese fu risoluta per castigare una tribù tunisina, colpevole di aver aggredito le truppe francesi in Algeria; ma questo incidente equivale al famoso affare della candidatura Hohenzollern per la Spagna, è un pretesto e nulla più. Il linguaggio della stampa francese da un mese in qua non lascia dubbio sulle intenzioni del governo francese: – già da un pezzo la Francia ha risoluto d’incorporare la Tunisia all’Algeria – o quanto meno, di stabilire sulla reggenza un protettorato talmente ferreo, che l’autorità del bey sia ridotta a nulla”.
In quelle ore convulse Le Temps, uno dei quotidiani politici più importanti d’Europa e senza dubbio il più influente della Terza Repubblica, considerato vicino alle posizioni governative, sosteneva la pericolosità e il preoccupante aumento dei lettori del giornale arabo cagliaritano Moskatel in tutto il Nordafrica, ipotizzando una tiratura di 25.000 copie. “On écrit de Marseille, le 4 avril, à l’agence Havas: Des avis de Cagliari constatent que la direction du Mostakel, l’organe arabe qui se publie en Sardaigne, a reçu, le 30 mars, de Rome, l’invitation d’être très modére au sujet des affaires de Tunis et de garder un silence absolu sur celles d’Algérie. Avions-nous tort de dire que, sous son masque arabe, le Mostakel était en réalité un journal italien? Et n’est-il pas naturel de faire un rapprochement entre le sens des nouvelles instructions et l’émission prochaine du novel emprunt? Nous ne savons de quelle caisse sort la subvention qui fait vivre le Mostakel. Mais il est certain que ce journal, qui s’imprime en Italie, a été créé dans le but unique d’exciter contre la France la haine de tous les musulmans de langue arabe, Tunisiens, Algériens et autres (6 aprile 1881)”.
Le accuse francesi al Mostakel
Il Corriere della Sera poche ore dopo traduceva le considerazioni francesi sul Mostakel informando l’opinione pubblica italiana sul ruolo del giornale cagliaritano in tutto il Nordafrica: “A Tunisi, non abbiamo nessun giornale, salvo il foglio ufficiale stampato in arabo. Le notizie d’Europa si propagano unicamente nei caffè e nei circoli abbonati ai dispacci sommari dell’Havas. Gli indigeni si fanno tradurre questi dispacci a voce, e crollando il capo dicono: Queste notizie non sono serie, sono mandate per far paura”.
Immigrazione e interessi sardi in Nord Africa
Il colpo di mano francese del 1881 avrà drammatiche ripercussioni economiche in Sardegna con il fallimento delle banche isolane che, legate al finanziere Ghiani Mameli, avevano compiuto impegnativi e azzardati investimenti nelle miniere tunisine, con la speranza che il governo italiano avrebbe protetto tali iniziative. L’occupazione francese, pur compromettendo gli ambiziosi progetti imprenditoriali sardo-tunisini, non interromperà l’afflusso di lavoratori che dall’isola si trasferivano in Tunisia. Il trattato di pace tra le reggenze di Algeri, Tunisi e Tripoli e il regno di Sardegna aveva permesso, in tutti i decenni precedenti, l’inserimento di una borghesia sardo-ligure in Tunisia dove era già attiva una dinamica colonia di ebrei livornesi. Questa emigrazione borghese proveniente dall’Italia e dalla Sardegna avrà un ruolo non secondario. Nella prima metà dell’Ottocento, ai sardi, ai liguri e agli ebrei toscani si erano aggiunti numerosi esuli politici napoletani, siciliani, lombardi e romagnoli trasferiti in Tunisia per sfuggire alla repressione poliziesca dei loro rispettivi Stati preunitari.
L’attenzione dei giornali sardi
Tonno, corallo e miniere univano Sardegna e Tunisia con un flusso continuo di mercanti, tecnici (soprattutto minerari) e pescatori che si muovevano facilmente tra le due sponde. I nuovi rapporti fecero maturare una consapevolezza precoce della borghesia sarda nei confronti della Tunisia. La classe dirigente sarda era in anticipo rispetto al resto dell’Italia nel cogliere l’importanza politica del Paese nordafricano. In tale contesto va inquadrata l’attenzione dei giornali sardi per la Tunisia. Nel 1879 era stato pubblicato il pamphlet La questione tunisina e l’Europa, scritto da un bibliotecario di origine sarda, trasferitosi a Roma, Francesco Carta. L’autore sosteneva che il problema della Tunisia e dell’Egitto andava affrontato come tema mediterraneo globale facendolo uscire dagli esclusivi rapporti bilaterali tra Stati europei. La proposta, utopistica, era quella di una conferenza internazionale nella quale le potenze europee avrebbero dovuto garantire la neutralità e l’indipendenza dell’Egitto, di Tripoli e della stessa Tunisia (Marilotti 2006).
Le cose andranno in modo totalmente diverso. La politica coloniale italiana si rivolgerà, dopo il fallimento in Tunisia, a obiettivi considerati allora di ripiego: l’Etiopia, l’Eritrea e la Libia. La Gran Bretagna verrà accusata di aver tradito, nel caso tunisino, le legittime mire espansionistiche italiane. La Francia, a partire dall’occupazione, effettuerà in Tunisia forti investimenti senza rinunciare alla manodopera italiana, della quale aveva assoluto bisogno. In 35 anni, dal 1881 alla vigilia della Prima guerra mondiale, gli italiani in Tunisia passeranno da 30.000 a 130.000 mentre i francesi erano appena 35.000. Non a caso le date dei primi grandi scioperi tunisini corrispondono alle agitazioni di massa avvenute nell’isola nel maggio del 1904, con l’eccidio di Buggerru. Anche la classe operaia delle due sponde, la sarda e l’africana, erano unite per la prima volta e in maniera sincronica dallo stesso disagio sociale.
Chi è Stefano Pira
Ricercatore universitario, docente di “Storia Moderna” e “Stato società e territorio: Storia della Sardegna in Età moderna” nel corso di laurea in Scienze Politiche dell’università di Cagliari. Ha collaborato con l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani e con diverse riviste scientifiche: “Rivista Storica Italiana”, “Italia Contemporanea”, “Cooperazione Mediterranea”, “Archivio sardo del movimento operaio, contadino e autonomistico”, “Bollettino Bibliografico della Sardegna”, “Archivio Storico Sardo”. Responsabile scientifico delle Edizioni AM&D, fa parte del scientific board della serie Diaspore nella collana Agorà-AM&D e del consiglio scientifico della collana del CNR-Isem Europa e mediterraneo. Storia e immagini di una comunità internazionale.Tra i suoi interessi di ricerca la storia del Mediterraneo in rapporto con l’economia-mondo atlantica. In questo sito si veda anche il saggio “Gli americani nel primo piano di Rinascita” (il link del post) e le citazioni nei diversi post su Giorgio Asproni di cui è esperto studioso.