“Mare nostrum” lo chiamavano i romani che dopo aver sconfitto la potenza cartaginese costruirono l’impero con la forza delle legioni e della sue flotte. Dominare il mare da Gibilterra al Bosforo significava il dominio sul mondo degli antichi. E così fu a lungo, per secoli. Ma il potere di Roma si basava anche sulla ricchezza dei traffici, sul commercio e sulle relazioni dei popoli rivieraschi con un continuo intreccio di lingue, culture e religioni. Il Mediterraneo è un mare chiuso, un “grande lago di Tiberiade”, per citare il “sindaco santo” di Firenze Giorgio La Pira che in piena “guerra fredda” nel 1958 diedi avvio ai colloqui del Mediterraneo. Ora quell’idea mai tramontata di un Mediterraneo strada di pace e di amicizia, si rinnova con un grande evento in calendario sempre a Firenze da giovedì 23 a domenica 27, che sarà aperto dal nostro premier Draghi e concluso dall’intervento di Papa Francesco. Un meeting atteso, che segue di due anni la prima edizione voluta dalla Conferenza episcopale italiana a Bari. Al convegno dei vescovi si affiancherà la conferenza dei sindaci delle principali città costiere del Mediterraneo, un centinaio, con un obiettivo concreto per quanto oggi lo possano essere gli accordi internazionali firmati da tutti sui princìpi giuridici, etici e politici, ma che poi nella triste realtà dei fatti vengono traditi o disattesi ogni giorno.
Quell’obiettivo si chiamerà “Carta di Firenze”, condivisa tra vescovi e sindaci, per la pace, la fratellanza e la cittadinanza sicura nel bacino del Mediterraneo, anche per gestire il fenomeno delle migrazioni che deve trovare maggiore spazio nell’agenda europea. Il documento sarà consegnato al Papa nella solenne chiusura della domenica, quale strumento fondativo su cui costruire un dialogo permanente tra i popoli con i modi che verranno individuati durante gli incontri.
L’evento fiorentino arriva in un momento molto delicato per gli equilibri dell’Europa, del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale, mai così in fermento dalla fine della Seconda guerra mondiale come in quest’ultimo decennio. Il Mediterraneo è un mare unico, ma composto da tanti mari comunicanti, molto simili e tutti diversi tra loro. Non è solo un luogo geografico – come scrisse lo scrittore croato Predrag Matvejević nel celebre saggio “Breviario mediterraneo” – perché i suoi confini non sono definiti né nello spazio, né nel tempo. Non sappiamo come fare a determinarli e in che modo, essendo irriducibili alla sovranità e alla storia. Confini e barriere, ma anche ideologie, culture, religioni e arti che in quel bacino hanno visto la luce e la gloria, si sono incontrate e scontrate. Ma di certo – sottolinea Matvejević -su questo mare è stata concepita l’Europa.
Oggi le tensioni nel Caucaso con la minaccia di un conflitto russo-ucraino, le guerre mai concluse in Siria e in Libano, i contrasti tra greci e turchi attorno a Cipro, la crisi libica che non accenna a risolversi, i Paesi africani come Tunisia, Algeria e Marocco reduci dalle “primavere arabe” che non sono ancora sbocciate, sconvolgono i traffici dal Mar Nero a Gibilterra. Guerre e miseria incrementano i flussi di migranti, in continua espansione a seconda delle emergenze locali, ai quali si aggiungono i profughi afghani in fuga dai talebani.
Il primo passo per aprire una politica comune di relazioni e accordi è appunto il dialogo. Incontrarsi e parlare per trovare soluzioni condivisibili, sono questi gli esaltanti propositi dei convegni internazionali. E da qui si può partire consapevoli che la rotta sarà in un mare già in tempesta e dove appare tranquillo, si deve temere la calma che precede una nuova perturbazione.
La Sardegna è la seconda isola del Mediterraneo e delle sua fortunata collocazione geografica dovrebbe cogliere le opportunità. Invece sembra che l’insularità sia un handicap insormontabile, il problema supremo che si riflette in ogni attimo della nostra vita e in ogni aspetto dell’economia. Tutto costa di più: trasporti, fonti energetiche, traffici. Persino i porti che potrebbero essere come nell’antichità il valore aggiunto della nostra posizione sono esclusi dalle rotte commerciali, salvati solo di recente dal turismo crocieristico. Dall’evento di Firenze potrebbero nascere nuove idee che si dovranno tradurre in scelte politiche decisive per i prossimi decenni. Un’occasione di riflessione anche per noi sardi, giusto per non restare indietro o tagliati fuori come troppo spesso avviene nel contesto nazionale di questi anni.