Per scrivere la storia degli ultimi anni, della “terza fase” di Sardegna Uno, è necessario sentire più voci ed è necessario capire fatti e raccordi che conducono sino all’epilogo ed all’attuale quarta fase storica. Gli ultimi vent’anni sono stati segnati dall’avvicendamento di tre gestioni. Per ciascuna, i numeri in bilancio saranno l’elemento cardine che determinerà la resa ed i passaggi di testimone al nuovo editore. Per realizzare questo post abbiamo sentito la voce di chi ha provato, tra difficoltà di ogni genere ma anche grande coraggio, a prendere in mano una televisione in drammatica crisi finanziaria nel tentativo di salvare la testata dalla chiusura e col fine dichiarato di rilanciarla. Una vicenda durata un decennio (2010-2021), durante il quale – nonostante la grave crisi e i contrasti interni nella redazione – ha visto Sardegna Uno continuare le trasmissioni di informazione, approfondimento e intrattenimento nel solco della sua tradizione. Forse la fine era già scritta da tempo, ma chi ha creduto sino all’ultimo in questa sfida è andato avanti col sincero convincimento che non sarebbe stata una missione impossibile se ci fosse stata la volontà politica e imprenditoriale per tenere viva una tv ormai radicata nella storia del giornalismo nell’Isola.
Questo post, dunque, raccoglie le testimonianze di Mario Tasca e Sandro Crisponi, il racconto dalla loro parte di un’avventura conclusa nel dicembre del 2021 con la vendita al Gruppo L’Unione Sarda. La redazione di via Venturi ha chiuso, ma la testata agli inizi del 2022 è ancora presente sui teleschermi. Il suo futuro è tutto da scrivere, nella speranza di un rilancio, secondo i piani editoriali della nuova proprietà, che ne sappia salvare l’identità, il nome e le esperienze.
Da Ragazzo a Mazzella
Il primo editore a gettare la spugna sarà Paolo Ragazzo: anno 2003. L’imprenditore Giorgio Mazzella rileva dal fallimento delle imprese Ragazzo, Sardegna Uno. La storia giornalistica e editoriale dell’emittente è brillante. Sono decisamente molto meno incoraggianti, i numeri dei bilanci della gestione Ragazzo diretta da Sandro Angioni: i bilanci rivelano con pubblica drammatica chiarezza, la vicinanza ad un fallimento prossimo.
Parola d’ordine: cambiamento. Mazzella cambia i vertici, il nuovo amministratore delegato è Luigi Scano. Si fanno investimenti ma soprattutto, si tentano nuove strade sul piano della gestione delle spese e del commerciale. Due criticità segnano questa prima fase di gestione: crisi generale del mercato pubblicitario post 2001 e contrazione costante dei fondi per l’editoria erogati sempre più instabili. Si resiste a fatica, nonostante gli investimenti e ci si prepara alla prima rivoluzione digitale italiana: si potrà guardare la Tv solo attraverso il digitale terrestre: anno 2008.
L’arrivo di Mario Tasca
In vista dell’arrivo del digitale terrestre e nell’onda della necessità di un ulteriore cambiamento, sul finire del 2007, Mazzella affida la direzione generale e di testata al poco più che trentenne Mario Tasca: mente informatica prestata al giornalismo più fresco ed agile, ottime competenze in materia di tecnologie e digitale terrestre, si era ben distinto nell’affiancamento al padre Alberto nel rilancio di NovaTv di Oristano.
In pochi anni di gestione avevano trasformato una tv ecclesiale e locale in passivo, nella terza emittente regionale. Alberto Tasca, scomparso a soli 55 anni nel 2007, è stato uno dei promotori e sino all’ultimo dirigente della società di servizi culturali più importante della Sardegna ”La Memoria storica”, fondata negli anni 90, che ha gestito musei e centri culturali, organizzando decine di mostre, e soprattutto ha salvato e sistemato gli archivi storici di diversi comuni. A Oristano Alberto Tasca aveva rilanciato la tv locale affidando poi la conduzione a Mario che, in quella piccola quanto efficiente redazione di pochi collaboratori, si era fatto le ossa di giornalista a tutto campo.
La rivoluzione del digitale terrestre
In quel periodo anche in Sardegna arriva il digitale terrestre, i canali vengono riposizionati sul telecomando (LCN) e fioriscono tantissimi nuovi canali. Ciascuna emittente in regola con le concessioni ministeriali, poi, godrà di un MUX che le consentirà di trasmettere in più canali (sino ad un massimo di sei). Il fattore positivo è la pluralità. I fattori negativi sono due: il pubblico perde l’abitudine nel ritrovare le emittenti preferite nella tastiera del telecomando. Sardegna Uno passa dal canale 8, all’11 al 19. I telespettatori fanno fatica a trovarla. Gli investitori non gradiscono lo slittamento.
Altro fattore negativo: la pluralità dei canali determina la migrazione di una componente vitale della “cubatura” pubblicitaria dell’emittenza locale, le televendite. Nascono i canali dedicati.
La voce televendite di Sardegna Uno si contrae di 800 mila euro. Si passa da investimenti di circa un milione di euro a circa 200 mila.
I numeri sono destinati progressivamente a scendere ancora, negli anni più recenti, con l’avvento del web e degli investimenti pubblicitari sui social. Nonostante i tentativi, gli addendi non portavano a somme positive in bilancio. Tasca lascia la direzione generale che viene affidata al direttore di produzione, Sandro Crisponi, che ben conosce Sardegna Uno e la sua storia.
Costi in crescita, bilanci in rosso (2010)
Inizia la necessità di tagli: si ottimizza la produzione. Si riducono i costi sino alla svolta nel 2010: non si rinnovano i contratti ai collaboratori esterni e si inizia a parlare oltre che di contratto di solidarietà per i dipendenti, anche di licenziamenti.
Aprile 2010: Mario Tasca lascia la direzione di testata. Prende le redini lo storico vicedirettore, Mario Cabasino. La regionalità in presenza nel territorio è garantita per qualche anno da un esperimento di agenzia giornalistica plurimandataria: Thelema press.
La dirige ed amministra Simona Scioni, ma l’idea era già in luce da anni, nelle menti di Alberto e Mario Tasca: ottimizzare il lavoro dei collaboratori autostabilizzando il loro lavoro con la vendita plurimandataria di servizi su prenotazione di lanci d’agenzia. Tutto informatizzato in un CMS, per ridurre il lavoro di redazioni sempre più compresse, ma anche nel rispetto di collaboratori quasi mai corrispondenti, neppure oggi, che lavorano con onorari non sempre equi ed in forma esclusiva, senza che questa venga riconosciuta. Iniziava l’anno 2010.
Per Sardegna Uno, il tentativo è di fare arrivare le voci dei territori attraverso l’acquisto di sviluppi di lanci d’agenzia giornalistica. Il Ministero chiude i rubinetti che consentivano lo sconto sull’acquisto dei servizi d’agenzia. È l’ecatombe per le agenzie di stampa. Il progetto dell’agenzia Thelema press non sarà mai realmente capito, né avrà lunga storia. A Sardegna Uno si va avanti per qualche anno, sotto la direzione di Cabasino, sino alla chiusura dei rapporti per crediti maturati ed insoluti dell’agenzia.
Il salvataggio mancato
Anni 2010/2013: la redazione di via Venturi lavora senza voci dal territorio. Per Sardegna Uno, il settore commerciale non riesce a far pareggiare i numeri. I bilanci non depongono a favore di un prosieguo aziendale responsabile ed all’ennesimo investimento, su un rinnovato bilancio sempre più negativo, arriva il secondo momento chiave: Giorgio Mazzella decide di lasciare Sardegna Uno. Vendere o chiudere? Si tenta la vendita della tv ma nessun editore o acquirente pare interessato. Nessuno risulta in grado di comprare a prezzo di mercato o a prezzo di favore. Svenderla ad avventurieri o pirati, non è nei programmi dell’editore, tanto vale apporre la firma di chiusura o portare i libri in tribunale. Dunque, in un’estate di riflessione, la decisione: lasciare il progetto Tv a chi garantisca di non svenderla al primo offerente e, soprattutto, a nessuna promessa politica. Cedere l’emittente a chi l’avrebbe potuta condurre, con il proprio lavoro e nome, verso la sua terza storia. Affidarla solo a chi, aveva sino ad allora dimostrato di poter saper decidere per il meglio della sopravvivenza dell’azienda, al netto dei numeri e delle possibilità ed al lordo di eventuali scelte anche decisamente impopolari, decidesse di accettare la sfida.
La sfida di Tasca e Crisponi
Nessuna cooperativa di dipendenti pareva affacciarsi all’orizzonte ed allora l’idea: venderla, per una cifra simbolica, ad un gruppo di dipendenti, i capifila di ciascun settore e i più motivati fra i collaboratori. La proposta non viene accolta. Lo stesso direttore Cabasino scarta l’ipotesi di autogestione. La cerchia dei nomi si riduce di molto. L’offerta di acquisto ricade su Sandro Crisponi, Mario Tasca, con una piccola quota in capo a Luigi Ferretti, già imprenditore del settore e patron della sindacation 7Gold. Il primo, perché già la amministrava pro tempore e non aveva esitato ad esporsi, per il bene dell’azienda, anche all’impopolarità collettiva. L’aveva vista nascere e ne conosceva ogni piega d’anima, ogni microstoria dei tanti fatti e volti che in trent’anni erano circolati in via Venturi. Era stato primo ufficiale per anni, conosceva il vascello. L’altro era Mario Tasca che – come ci racconta – l’aveva diretta per qualche anno e con cui i rapporti si erano interrotti quando i numeri portavano verso la necessità di licenziare. Aveva vegliato su Sardegna Uno da esterno, con l’agenzia giornalistica, rimettendoci in proprio. Aveva dimostrato la sua versatilità giornalistica, editoriale, creativa ed imprenditoriale. Era la persona giusta per supportare Crisponi in una nuova fase: la terza. Il passaggio ufficiale – secondo gli atti – avviene nell’estate del 2013.
La terza vita della tv
L’esordio non fu dei migliori. Tasca e Crisponi finirono alla gogna collettiva senza mai essere sentiti. Nessun organo di stampa – sostengono, senza timore di essere smentiti – li ha mai contattati, anche solo informalmente. L’idea editoriale ed imprenditoriale della terza fase era quasi scontata e rispettosa della storia di Sardegna Uno: informazione e programmazione fortemente identitaria, specchio di una Sardegna in continua evoluzione che sente il bisogno di smarchiarsi da stereotipi d’immagine superata e cristallizzata.
Per fare questo – spiegano – gli editori-colleghi, propongono una linea d’azione incentrata su un cambio di punto di vista e conseguentemente, d’azione: liberarsi dalla competizione pluridecennale con Videolina e creare una Tv identitaria di riflessione, analisi, dialogo con l’attualità come con la tradizione. Una Tv che dia conto dei diversi campi della ricerca scientifica come delle arti, sì che i sardi possano riconoscersi, in una informazione attenta e puntuale, non gridata o sensazionalistica. Gli stessi princìpi si impongono nella scelta di un palinsesto mai urlato o di rissa. La programmazione, diversa per tematiche e stili, di impronta di grande rigore professionale proposto ai telespettatori, con vicinanza famigliare.
I numeri in bilancio, sempre loro, sono chiari e non consentono utopie pindariche: il mantenimento dello status quo, in assenza cambiamenti e di entrate che pareggino le uscite o riducano al minimo le perdite, non è percorribile. La redazione godeva di “penne” di prestigio, di tecnici di provata esperienza. Si trattava di valorizzare le risorse, di proporre novità, di cambiare rotta, fors’anche di cambiare punto di vista ed obiettivo. Si trattava di lavorare per viaggiare verso un’autodeterminazione anche economica dell’azienda in autonomia e libertà. Essere condizionati avrebbe significato cerottare, senza garanzie certe di futuro.
Progetto respinto, ma non il rilancio
Il progetto non fu accolto. Per i più, non si superò la quaestio disputata sulla gestione Mazzella e tantomeno, le presunte ombre nella cessione. Alla terza fase, non rimaneva che far parlare i bilanci: iniziarono i licenziamenti, gli scioperi, le barricate. I due nuovi editori finirono nei titoli dei giornali. Il nome di Sardegna Uno associato al fallimento.
«Si doveva andare avanti», affermano all’unisono Tasca e Crisponi. Così non rimaneva altro da fare che riscrivere il piano editoriale in funzione di chi rimaneva e ricucirlo con chi avesse scelto, nonostante tutto, di esserci. Sardegna Uno è andata avanti nella sua terza fase: due anni di avvio e l’ingresso di una gestione in concordato di continuità. Debiti a rate e riavvio della gestione con rilancio. Si sopravvive per otto anni.
Obiettivi? Migliorare i numeri, risparmiare all’osso, usare al meglio quanto si poteva avere o fare con tre giornalisti in redazione, direttore compreso, un operatore di ripresa e tre tecnici. In redazione restano Stefano Lai e Giorgio Lapicca. Nell’ufficio amministrazione rimangono in due.
Le produzioni esterne e quelle condotte da professionisti esterni, propongono un palinsesto che si dimostra essere gradito allo spettatore.
La riforma affossa le piccole tv (2013)
Intanto, dal 2013, il Ministero interrompe l’erogazione dei contributi per l’editoria in favore delle emittenti locali in vista della riforma. È una nuova mannaia su tutto il territorio nazionale. La riforma che arriverà dopo tre anni circa, sarà una seconda scure sulla piccola e media impresa televisiva italiana: alle più grandi e strutturate emittenti private, per lo più legate a Confindustria, vanno oltre l’80% dei contributi per l’editoria. Le prime 100 in graduatoria. Le altre si devono spartire quel che rimane. Muoiono o sono destinate alla pirateria, le piccole Tv locali. Le proteste ed i tentativi di rilettura dei parametri in chiave più rispondente ad una effettiva pluralità rimangono inascoltati. Chi riesce, va avanti.
Ossigeno dalla Regione (2015)
La Regione Sardegna interviene a tampone, sul finire del 2015, con una legge regionale dedicata alle produzioni sulla cultura sarda: è la Legge 3. Le Tv aventi i requisiti recuperano un po’ di ossigeno proponendo produzioni legate alla tutela e valorizzazione della cultura isolana. I fondi della Legge 3 consolano in parte il vuoto di bilancio. Si evita la chiusura di molte emittenti. Il commerciale è però in sempre maggiore difficoltà: vendere spazi pubblicitari di una Tv che proclamata dai media “fallita”, è un’impresa complicata quando non eroica. Eppure, i programmi e l’informazione “girano”. Si sceglie di fare, con chi c’è e chi si propone, ciò che ci si era promesso: battere nuovi sentieri e riscattare l’azienda dalle esposizioni passate, per un’autodeterminazione possibile.
Parole d’ordine: libertà e identità con un radicale cambiare punto di vista nel ricostruire l’azienda che si traduce in un piglio diverso nel proporre un’informazione di riflessione sulla notizia, nel dare voce specie a chi è spesso relegato al silenzio o ai margini delle tematiche del momento. L’intrattenimento proposto con la profondità e leggerezza di chi condivide un tempo insieme allo spettatore.
Dal satellite al web
Il pubblico gradisce. Sardegna Uno ricostruisce lentamente la propria credibilità nelle case dei telespettatori. Il taglio dei fondi regionali che avevano costretto alla cessazione della diffusione satellitare, spingono l’emittente verso una platea ancora più ampia, il web. Gli emigrati e chi non la vedeva la segue a piacimento su web in streaming (www.sardegna1.tv, vai al link) o su You-tube.
Ma i numeri condizionano il presente ed il futuro di un’azienda e, al gradimento crescente, non corrisponde ancora un crescere sufficiente del fatturato. I debiti condizionano il presente ed ogni “meno”, è uno scossone di chi cammina, saldano il passato e posando un piede fermo sul presente. Il tempo però, decide di suo. Arriva il COVID-19 con le conseguenze sulla salute e l’economia, incrinando definitivamente quell’equilibrio precario. I pochi investimenti vengono a mancare, qualunque ritardo, foss’anche di entrate certe come quelle per l’editoria, non sono in grado di supportare le scadenze che il concordato impone.
Verso il fallimento (2021)
Ei-Towers, Società che cura la manutenzione degli impianti di diffusione, reclama il proprio e, unico caso fra i creditori che seppure con ritardo ricevevano il pagamento dei propri crediti, interrompe il concordato e porta Sardegna Uno al fallimento. L’attività dell’emittente prosegue grazie all’esercizio provvisorio disposto dal Giudice fallimentare e i curatori procedono alla cessione dell’attività. Prima asta deserta. Nessun investitore realmente intenzionato supera gli ostacoli. Alla seconda asta, seppure gravata di un importo base importante e dell’impegno a garantire il mantenimento dei livelli occupativi, Videolina propone l’acquisto. La base d’asta è superata.
A dicembre 2021, Sardegna Uno ritorna nelle mani di Sergio Zuncheddu, editore del Gruppo Editoriale che vede insieme L’Unione Sarda, Videolina e Radiolina. Tutti i dipendenti dicono addio alla sede storica di via Venturi e proseguono il loro lavoro in Sardegna Uno, nella prestigiosa sede di piazza Unione Sarda. Inizia ufficialmente la quarta fase.