Le fughe facili degli ex nazisti

La Germania non ha mai concesso estradizioni per i criminali condannati i Italia

Mentre la procura di Roma cerca di far processare in Italia gli uomini dei servizi segreti egiziani accusati della morte di Giulio Regeni, la Questura di Lucca apre le porte ad un ex nazista ricercato dal Cile per gravi crimini contro l’umanità. Paradossi di una stessa macchina giudiziaria, da una parte determinata e battagliera per superare ogni ostacolo procedurale pur di avviare il processo, dall’altra superficiale sino all’incredibile tanto da allertare dietrologi e complottisti sulle responsabilità di questo “incidente”. A dimostrazione che non bastano le riforme o cambiare le norme, ma molto spesso è un problema di uomini e professionalità a fare la differenza. Un caso giudiziario e diplomatico che ha creato molto imbarazzo a vari livelli.   

La polizia italiana avrebbe dovuto consegnare l’ex nazista all’Interpol per estradarlo in Cile dove lo attende un processo per gravi crimini contro l’umanità: sequestri, torture e uccisioni di oppositori del regime di Pinochet. Invece oggi vive libero e sereno nella sua abitazione a Gronau, in Germania, dove ha trovato un sicuro rifugio sin dal 2005 quando era scappato dal Cile poco prima di essere arrestato. Si sa, la Germania che più di ogni altro Paese europeo ha fatto i conti col suo passato, tuttavia non ha mai concesso alcuna estradizione agli ex nazisti.

Il criminale tedesco-cileno Rehinard Doring Falkenberg in una recente foto

Dopo la scoperta nel ’94, del cosiddetto “armadio della vergogna”, dove centinaia di fascicoli di stragi nazi-fasciste commesse in Italia erano stati occultati negli anni sessanta, la magistratura italiana ha inflitto 60 ergastoli. Ma di fatto nessuno è stato eseguito. Gli unici a scontare le pene sono stati l’ex capitano delle SS Erich Priebke, condannato all’ergastolo per la strage delle Fosse Ardeatine, e il caporale “Misha” Seifert, il “boia di Bolzano”, estradato dal Canada e morto durante la detenzione a Santa Maria Capua Vetere. Gli ultimi due criminali condannati in Italia, Alfred Stork e Wilhelm Karl Stark, sono morti di recente a casa loro, l’uno a 97 anni e l’altro centenario, senza mai aver scontato un giorno di carcere.  

Così scotta ancor di più la fuga di Rehinard Doring Falkenberg, 75 anni, tedesco di origine e considerato in Cile uno tra i dieci criminali più pericolosi, riuscito un’altra volta a farla franca lasciando l’Italia indisturbato, anzi con i saluti degli agenti della Questura di Lucca che gli avevano notificato l’atto di scarcerazione. Un errore clamoroso, che nessuna giustificazione burocratica potrà cancellare perché la notifica è stata consegnata con dieci ore d’anticipo rispetto alla scadenza, mentre nel frattempo era già giunta al Ministero la richiesta di estradizione della magistratura cilena. In questo ritardo di comunicazione Falkenberg ha preso il volo. 

Perché parlare oggi di un personaggio simile? A chi può importare nelle nostre cronache uno di quei relitti della storia lontana, mentre ogni giorno assistiamo alle morti di centinaia di migranti in mare, di guerre e massacri? Perché la vicenda di Falkenberg è un caso emblematico che rileva le falle del sistema giudiziario italiano consentendo la fuga di un criminale accusato di delitti che non possono essere cancellati o dimenticati con il tempo. 

Rehinard Doring Falkenberg era tranquillamente in vacanza lo scorso settembre a Forte dei Marmi quando venne arrestato e poi ai domiciliari per motivi di salute. L’uomo in Cile è sotto accusa per il sequestro e la sparizione di una coppia di giovani cileni e del cittadino italocileno Juan Maino, ma soprattutto per essere stato uno dei leader di Colonia Dignidad, uno dei luoghi più oscuri della storia recente cilena. Creata in una zona sperduta da un gruppo di nazisti scappati dalla Germania alla fine della guerra, Colonia Dignidad è stata una vera e propria setta che si è macchiata dei più atroci delitti, dall’assassinio di oppositori del regime all’abuso sistematico di minori. 

La fuga di Falkenberg fa rievocare il caso di Herbert Kappler (nella foto di copertina), il più clamoroso, che brucia ancora oggi a distanza di 50 anni. Il maggiore delle SS principale responsabile del massacro di 335 civili e militari alle Fosse Ardeatine venne catturato e processato dagli alleati. Restò nel carcere di Gaeta per trent’anni. Malato di tumore fu trasferito al Celio dove nella notte di Ferragosto del 1977 fuggì come in un film giallo con la complicità della moglie che dichiarò di averlo nascosto in una coperta. Finì i suoi giorni serenamente a casa.

Quella fuga, dalla trama inverosimile, scosse l’opinione pubblica per alcuni mesi, presto dimenticata e definitivamente archiviata tra i tanti misteri di questo Paese. Come probabile accadrà per il caso Falkenberg.

Fonti:

L’Unione Sarda 16.12.2021

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