Il saggio di Carlo Figari, parte del capitolo 1 (pagine 47-63) del volume “Dalla prima radio libera alla scoperta del web /Storia e personaggi di spicco dell’informazione in Sardegna” (ed. Corecom Sardegna).
Dall’avventura in Polonia al tour mondiale per promuovere Video on line in una trentina di capitali di quattro continenti: nel volgere di un lustro un editore cagliaritano lanciò il nome della Sardegna nel panorama internazionale, portando un piccolo gruppo regionale com’era L’Unione Sarda-Videolina all’attenzione dei maggiori network e dei media non solo italiani. Cagliari si ritrovò al centro di eventi straordinari spezzando un isolamento geografico grazie alle novità di Internet e delle tecnologie emergenti che videro protagonisti proprio L’Unione Sarda e il suo editore Nicola Grauso. Non è un caso che lo storico quotidiano del capoluogo (fondato nel 1889 e nel 2019 al traguardo dei 130 anni) fu il primo giornale italiano ad essere pubblicato on line sul web.
In queste pagine ricorderemo un periodo di grande entusiasmo e dinamismo, iniziato ai primi anni Novanta e concluso prima con la vendita di Video on line a Telecom Italia (aprile 1996) e poi dello stesso Gruppo ad un altro editore sardo, Sergio Zuncheddu, nel 1999. In meno di un decennio Grauso, chiamato Niki dagli amici, fu un pioniere in tutti i sensi aprendo la pista nel nuovo mondo dei media, ben oltre i confini della Sardegna e dell’Italia.
Racconto qui la mia personale testimonianza, sul filo della memoria e soprattutto di quanto riportato dalle cronache dell’epoca, di quella incredibile esperienza che ebbi modo di vivere dal di dentro, come giornalista dell’Unione distaccato in Polonia e quindi, rientrato in sede, come partecipante al team che lavorò alla nascita e promozione di Video on line e del quotidiano sul web.
Il mio ruolo esecutivo – dico subito – fu legato strettamente ai numerosi compiti affidati ad un gradissimo giornalista e intellettuale cagliaritano, l’indimenticato Alberto Rodriguez (1941-1999), che dopo aver diretto le pagine culturali dell’Unione fu chiamato da Grauso ad occuparsi di tutte le iniziative editoriali, dalle novità tecnologiche e grafiche agli eventi pubblici. Una sorta di plenipotenziario a 360 gradi che svolse con eccellenti risultati, grazie anche all’ottima conoscenza dell’inglese e del francese e alle sue doti umane che ispiravano un’immediata empatia con qualsiasi interlocutore. Rodriguez seppe cucire una fitta rete di relazioni e amicizie coinvolgendo i maggiori intellettuali, artisti, giornalisti di Varsavia, coltivando i rapporti con i media locali e con le rappresentanze italiane nella capitale, dai diplomatici agli imprenditori, col fine di far conoscere e apprezzare il gruppo sardo.
Così mi ritrovai, come diretto collaboratore di Rodriguez, a partecipare alla riorganizzazione di un importante quotidiano polacco prima e dell’Unione Sarda poi, a scrivere piani editoriali, a vedere lo sviluppo dell’impaginazione più moderna con l’uso dei computer che ormai stavano stravolgendo il modo di lavorare all’interno dei giornali.
Dell’esperienza in Polonia e in particolare dell’avventura di Video on line ne parlo in modo dettagliato e con un’abbondante bibliografia nel mio libro sulla storia dei quotidiani sardi “Dalla linotype al web…” pubblicato dalla Cuec nel 2014. Qui, invece, mi preme riassumere una storia poco nota nel suo insieme, ripercorrendo le vicende principali che portarono Grauso a sbarcare a Varsavia e subito dopo a lanciarsi sul web con Video on line.
Grauso sbarca a Varsavia
Tutto comincia nel periodo successivo alla caduta del Muro di Berlino quando i Paesi dell’Est Europa aprono le porte agli investitori occidentali. Si scatena una corsa a comprare e a costruire. Anche il settore dei giornali e della radiotelevisione fa gola a molti investitori occidentali, in prima fila tedeschi e francesi, nonostante i problemi legislativi ed economici siano enormi.
Nel 1991 Grauso è un giovane editore emergente, diventato all’interno della Fieg (Federazione degli editori) il “pupillo” del mitico presidente Giovanni Giovannini che, dall’alto della sua esperienza, riconosceva le capacità e il coraggio del quarantenne sardo. Grauso partendo da Radiolina e da Videolina, era stato tra i pionieri delle radio e tv locali, da cui aveva spiccato il salto per l’acquisto del primo quotidiano sardo. Agli inizi degli anni Novanta L’Unione vende 80 mila copia al giorno e naviga in acque tranquille sotto la direzione di Arturo Clavuot, molto apprezzato dai colleghi, mentre Videolina diretta dall’esperto Bepi Anziani, cresce negli ascolti e fa il pieno di pubblicità.
Il vulcanico Grauso incassa miliardi e comincia ad annoiarsi dopo aver innovato L’Unione con l’adozione dei nuovi sistemi integrati acquistati a Filadelfia in Usa, e realizzato un grande centro stampa vicino all’aeroporto di Elmas. Così accoglie con entusiasmo l’invito di Giovannini a partecipare ad un meeting internazionale di editori a Cracovia nel 1991. Ed è qui che riceve la proposta di acquistare il quotidiano più prestigioso della capitale, Zycie Warsawy (la Vita di Varsavia), per fare un paragone un giornale posizionato nel Paese come Il Messaggero in Italia, voce della capitale e con un importante peso politico.
Zycie con l’avvento della democrazia in Polonia era stato assegnato ad una cooperativa di giornalisti vicina al presidente Lech Walesa e al primo ministro Tadeusz Mazowiecki, i quali avevano messo a capo del giornale due loro uomini: l’intellettuale e saggista Kazimierz Woycicki, alla direzione, e il giornalista di Danzica Tomasz Wolek alla vicedirezione, che era stato uno dei portavoce di Solidarnosc all’epoca delle battaglie operaie nei cantieri navali. La legge prevedeva la maggioranza societaria riservata ai polacchi, così si costituì una società in cui gli italiani avevano un’ampia partecipazione azionaria ed il controllo amministrativo contabile, ma la conduzione della redazione restava ai dirigenti giornalisti di Varsavia. Amministratore Delegato della società per azioni (Sp.zo.o.) fu nominato l’ing. Carlo Ignazio Fantola, già vice presidente ed Amministratore Delegato de L’Unione Sarda spa e di Videolina spa.
Di fatto Grauso aveva messo tutti i fondi necessari per un totale rinnovamento che passò attraverso queste tappe: per iniziare l’affitto di un teatro che apparteneva ai servizi segreti della Difesa in pieno centro, che fu trasformato in una originale redazione “open space”. Nella platea le postazioni di giornalisti e poligrafici, in galleria gli uffici. Costruzione a tempo di record di un moderno centro stampa alla periferia della capitale. Rinnovamento tecnologico con computer di ultima generazione con i quali i giornalisti potevano già fare tutto il lavoro da soli (mentre in Italia vincoli sindacali impedivano molti passaggi mettendo paletti per ogni cambiamento), una grafica accattivante in cui veniva dato ampio spazio alla fotografia di qualità, ai disegni e alle vignette. Produzione di inserti e supplementi quotidiani dedicati alle donne, al lavoro, alla cultura, all’economia, ai giovani e allo sport. Ma fu fondamentale la nascita di una società pubblicitaria, che arrivò ad avere quasi un centinaio di collaboratori.
Il rilancio del quotidiano Zycie Warsawy
Il vero nodo fu quello di riorganizzare la redazione. Quando il gruppo sardo si insediò, a Zycie c’erano oltre 200 giornalisti per realizzare un prodotto di una dozzina di pagine. In pratica si vedevano solo il mercoledì in fila per ritirare lo stipendio, ma nessuno sapeva spiegare i compiti di ciascuno. Assunzioni ereditate dall’epoca comunista con il giornale chiamato a svolgere il ruolo di un foglio governativo, con pochissimo spazio per la cronaca e lo sport. Tante pagine culturali, qualche reportage all’estero, ma un grigiore assoluto per il resto.
I manager sardi lasciarono il cerino acceso nelle mani dei vertici del giornale che, senza troppe remore sindacali, si occuparono dei tagli, di ridisegnare il lavoro redazionale e di assegnare ruoli, cariche, persino stipendi e rimborsi spese. Una grande responsabilità che, per far quadrare i bilanci in vertiginosa crescita, portò a pesanti sacrifici della redazione. Gli intellettuali delle pagine di cultura e della politica furono favoriti a scapito dei cronisti (esisteva una scala gerarchica tutta loro, che solo i polacchi potevano capire) con maggiori stipendi e ampio spazio. Non fu facile convincere i dirigenti che, per arrivare ad avere un successo di vendite in edicola, bisognasse puntare sulle regole del buon giornalismo della democrazia occidentale: quindi più spazio alla cronaca in tutti i sensi, anche alla nera (che era nascosta ai tempi del regime), agli scandali politici, allo sport popolarissimo in Polonia (il vicedirettore Wolek era esperto del calcio internazionale e conosceva i nomi di tutti i giocatori delle squadre italiane), agli spettacoli. A Wolek (che poi diventò direttore nella seconda fase dopo la vendita del giornale) furono affiancati il vicedirettore Jurek Wisocki e l’efficiente signora Lubinieska, mentre all’ottima direttrice amministrativa Barbara Brennek il ruolo di lavorare a fianco dei manager italiani su bilanci e finanziamenti.
Il problema della lingua fu superato con la costante presenza di una decina di interpreti e con l’uso dell’inglese, per giunta alcuni polacchi parlavano bene l’italiano. Alla fine, in un anno e mezzo, furono raggiunti questi risultati grazie alla franca collaborazione tra i vertici del giornale, Rodriguez e il management sardo e all’impegno di tutti i dipendenti che avevano visto, con l’entrata del partner occidentale, una grande opportunità per rilanciare la testata. La tiratura arrivò a toccare 300 mila copie, stabilizzandosi sui 200/250 mila, con diffusione in tutto il Paese.
Grauso aveva affidato l’operazione Varsavia ai suoi esperti dell’Unione: il manager ing. Carlo Ignazio Fantola e l’amministratrice Armanda Piat facevano la spola settimanale tra Cagliari e Varsavia con il compito di pianificare e seguire tutti gli aspetti economico-finanziari; Renato Belloli, scomparso di recente dopo una vita nel Gruppo, aveva la responsabilità dei sistemi editoriali e di ogni innovamento tecnologico, con la collaborazione della grafica Valeria Camba e soprattutto dei tecnici della “Sinedita” di Torino che “testarono” a Varsavia i software e la nuova impaginazione da trasferire poi in redazione a Cagliari. Il sassarese Franco Manai guidò la realizzazione e la conduzione del centro stampa; Pino Magrì a capo dell’ufficio diffusione e promozione, per consentire al giornale di raggiungere le edicole di tutto il Paese, anche in condizioni difficili come capitava d’inverno con la neve che bloccava o limitava i trasporti. La società pubblicitaria, affidata ai milanesi Anna Vendegna e Costantino Cavallini, si appoggiò su alcuni collaudati agenti della Spi quali Augusto Dessalavi e Claudio Susmel.
In breve Zyece si affermò sulla piazza dominata da Gazeta Wiborcza fondata nel 1989 da Adam Micknik (una sorta di La Repubblica di Eugenio Scalfari) che contrastava la politica di Walesa e appoggiava i giovani postcomunisti che poi avrebbero vinto le elezioni eleggendo presidente il giovane Aleksander Kwasnieski.
La sete di libertà e di dar spazio a tutte le voci, aveva aperto un mercato editoriale sino ad allora sconosciuto che poteva contare su una popolazione di 38 milioni di abitanti potenziali lettori e di introiti incalcolabili per la pubblicità. Così si moltiplicarono le testate, in gran parte sponsorizzate da editori occidentali.
Tra queste la più autorevole era (ed è) Rzeczpospolita, una sorta di Sole24Ore italiano che fungeva da ago della bilancia nella guerra varsaviana tra Zycie e la Gazeta Wyborcza di Michnick che, da stretto amico, si era ritrovato avversario di Walesa dopo lo scioglimento del sindacato di Solidarność.
Dal giornale al primo network privato
Zycie era stato fondato nel 1944 quando Varsavia usciva dalla guerra e cominciava la ricostruzione. Il primo numero fu pubblicato il 15 ottobre 1944 con una tiratura di 3.000 copie. Durante il periodo della legge marziale la pubblicazione fu sospesa e riprese il 16 gennaio 1982. Poi nel 1991 l’ingresso di Grauso che avviò anche due redazioni locali a Częstochowa e Radom.
Il successo del giornale, non senza fatica e durissima lotta politica, aprì la strada all’avventura nel settore delle tv locali. Grauso capì subito di trovarsi davanti un enorme bacino di utenti per la pubblicità in quell’epoca senza concorrenti essendo sulla piazza solo la tv di Stato con due noiosi canali e una tv satellitare privata che trasmetteva (anche programmi notturni a luci rosse) dall’Olanda.
Così, riproponendo il modello di Mediaset che si era affermato in Italia attorno a Canale 5 e al gruppo Berlusconi, Grauso acquisì in un anno dodici testate locali di radio private che si trasformarono in televisioni. Solo il bacino della Slesia meridionale – tra Cracovia e Katovice – poteva contare su tre tv per una popolazione di sette milioni di utenti. La sede centrale fu aperta a Varsavia a cui arrivavano le videocassette spedite da Milano e da Cagliari con tutti i film e i programmi da trasmettere per gran parte della giornata nell’intero Paese. Poi, nelle fasce orarie serali e notturne, si apriva la finestra per i telegiornali e i programmi locali prodotti da ciascuna emittente.
L’organizzazione anche in questo caso fu affidata agli esperti di Videolina guidati dal manager Michele Rossetti che, con Grauso, aveva vissuto la nascita delle radio e tv locali in Sardegna. Il palinsesto fu assegnato a Sesetto Cogoni, la gestione dei giornalisti a Giacomo Serreli, la regia ad Angelo Palla e a Massimo Demontis. La parte tecnica, con la realizzazione dei ponti tv e degli studi televisivi, a Franco Zedda, anche lui scomparso prematuramente. A dare un ulteriore contributo organizzativo e dirigenziale Grauso chiama un esperto di telecomunicazione cagliaritano, Sandro Angioni, con cui aveva condiviso precedenti esperienze nel settore delle radio e tv locali. Questo gruppo, ben collaudato e dinamico, partecipa alla nascita e sviluppo del network.
Le dodici tv erano ufficialmente di proprietà di società e cooperativa di giornalisti polacchi, ma anche in questo caso gli stipendi erano pagati da Grauso.
Il successo di Polonia1
Il successo fu straordinario e immediato. La diffusione di film, telenovelas, serial americani e italiani, moltiplicavano gli ascolti e gli introiti pubblicitari. Dopo un anno già entrava un milione di dollari al mese. Il mercato pubblicitario, ma soprattutto il peso politico che rappresentava Polonia1, il primo network privato della Polonia, cominciarono a preoccupare i leader dei partiti e a far gola a molti. I giornali scatenarono una dura campagna stampa contro Grauso accusato di essere legato a un “mafioso” e “fascista” quale dipingevano Berlusconi.
Grauso nella primavera del 1993 fece organizzare ben due charter da Varsavia a Cagliari, portando oltre un centinaio di ospiti tra giornalisti di tutte le testate polacche e pubblicitari per far vedere la realtà produttiva del Gruppo L’Unione Sarda. Tra un pranzo alla sarda e un workshop professionale, visite al giornale e a Videolina, poterono rendersi conto che non si trattava di fantasie, ma di un modello produttivo all’avanguardia in Europa.
Eppure non bastò a far cessare la campagna denigratoria che andava di pari passo con il momento politico sfavorevole all’Italia di Berlusconi. In realtà l’economia polacca stava gettando le basi di un boom in tutti i settori che avrebbe portato il Paese a livelli occidentali nel giro di un decennio. Tra i gli obiettivi strategici il dominio dell’informazione pubblica e privata che aveva già in atto una guerra tra gli stessi schieramenti locali. Non tanto il giornale, che ovviamente appoggiava Walesa, quanto le tv attiravano l’attenzione di politici e imprenditori. Così venne promulgata una legge che avrebbe dovuto disciplinare l’etere attraverso l’assegnazione delle frequenze. Al Parlamento sarebbe spettato il compito di aggiudicare la gara di appalto internazionale.
La sconfitta politica e l’addio alla Polonia
A parte la tv pubblica l’unica vera realtà via etere era Polonia1. Parteciparono alla gara pubblica i principali gruppi continentali tra cui il francese Canal Plus e il tedesco Bertelsmann, ma alla fine le frequenze vennero assegnate a un gruppo interamente polacco che, pur non avendo alcuna televisione, presentava solo progetti.
Inutili tutti i tentativi di resistenza da parte di Grauso che nel marzo 1994, quando ormai i giochi sembravano fatti, promosse un grande evento televisivo: affittò il Teatro Wielki, il maggiore della capitale, fece arrivare l’orchestra della Scala di Milano con il maestro Riccardo Muti e organizzò una serata indimenticabile in diretta televisiva con tutte le tv del network. C’erano oltre cinquecento invitati, tutti i politici con l’unica assenza di Walesa per motivi diplomatici.
Tra gli ospiti eccellenti dall’Italia arrivò l’ex presidente Francesco Cossiga che tenne banco nel dopo concerto. Una grande festa nei saloni dell’hotel Bristol fu l’apoteosi dell’evento, ma anche il simbolico epilogo dell’avventura polacca.
Di lì a poco arrivò il giudizio del Parlamento che tolse a Grauso dieci su dodici stazioni radiotelevisive di Polonia1, lasciandogli le due meno importanti. I ricorsi nei vari giudizi furono respinti e nella primavera si arrivò a mettere i sigilli alle tv che, passando ad altri proprietari, in realtà rimasero a costo zero ai giornalisti polacchi che già ci lavoravano.
Il fatto ferì profondamente l’imprenditore sardo che si sentì defraudato di un ambizioso progetto e di un sogno internazionale. La decisione di vendere Zycie fu il passo inevitabile e successivo.
Nel maggio del 1996 la società Zycie Press fu ceduta all’imprenditore Zbigniew Jacubas. Il corrispettivo della vendita, dopo mesi di trattative condotte a Varsavia dall’ing. Fantola e dalla signora Piat, fu tutto quello che si riuscì a recuperare dall’avventura polacca. In settembre l’addio ai sardi con una festa nella sede del giornale; non mancarono momenti di commozione tra persone che avevano partecipato alla creazione ed alla gestione di un grande giornale in un periodo di importanti mutamenti della società polacca.
Nell’ agosto 2007 la società fu venduta da Dom Prasowy Sp. zo.o. a Presspublica Sp.zo.o. società del gruppo Gremi Media, che è editore anche di Rzeczpospolita, ma nel 2011 il giornale cessò le pubblicazioni e, dal 2017, è solo disponibile come allegato del quotidiano Rzeczpospolita.
Per quanto se ne sa – dalle stesse dichiarazioni di Grauso rese alla stampa dopo la fine dell’esperienza – l’operazione in Polonia sarebbe costata una cinquantina di miliardi di vecchie lire: quella che sarebbe potuta diventare un grande e redditizio investimento si rivelò alla fine un bagno di soldi. Una sorte, tuttavia, che colpì numerosi investitori occidentali in vari settori imprenditoriali, arrivati con entusiasmo in Polonia (come in Russia e in altri paesi dell’ex blocco sovietico) e poi gabbati da una politica nazionalista e da un modello postcomunista che pretendeva di far pagare all’Europa i disastri del regime e la rinascita economica! Gli hotel a 5 stelle affollati di manager americani, francesi, tedeschi e italiani a metà degli anni anni Novanta persero nel volgere di poco tempo i loro clienti abituali, fuggiti verso lidi più sicuri.
Recriminazioni a parte, il nome di Grauso già affermato nel panorama editoriale nazionale, cominciò a girare e ad essere noto a livello internazionale. La sconfitta fu soprattutto politica perché l’imprenditore sardo si era appoggiato al presidente Walesa ormai in fase calante, mentre il potere passava per un decennio nelle mani dei postcomunisti. Nessuno di questi avrebbe potuto tollerare o allearsi con un gruppo straniero che nell’immaginario polacco si collocava sulle posizioni di destra di Berlusconi.
Ma proprio questa sconfitta diede la forza a Grauso di reagire e a rimettersi in gioco. Di lì a poco tempo si lanciò nella nuova avventura nel mondo sino ad allora inesplorato di Internet.
La scoperta di Internet
Nel marzo del 1994 Grauso cerca di riprendersi dalla delusione di come sia finita l’esperienza polacca ritrovando interesse per L’Unione Sarda che, comunque, continua a rappresentare il core-business del Gruppo. La diffusione va bene, la pubblicità rende, i conti sono positivi, insomma è tempo di nuovi investimenti per rinnovare il quotidiano locale utilizzando le tecnologie sperimentate con successo a Varsavia. Ma in quella primavera è cambiato il clima politico con la discesa in campo di Berlusconi e la nascita di Forza Italia. Grauso, che è dichiaratamente un uomo di sinistra, sostiene il cambiamento in atto nel Paese e appoggia la linea del Cavaliere milanese. Decide che è tempo di dare uno scossone al giornale e anche alla politica regionale: per iniziare congeda il vertice che sino ad allora aveva condotto L’Unione, accusandolo di essere legato ai leader e ai sindacati della sinistra storica.
Il direttore Clavuot in pensione, sostituisce gli altri dirigenti spostandoli ad altri incarichi. Nomina a sorpresa il nuovo direttore, il giovane intraprendente e spregiudicato cronista desulese Antonangelo Liori, al quale dà ampio mandato per “rivoltare” l’organizzazione e il lavoro della redazione. Io, in virtù della mie nuove esperienze editoriali e del lavoro fatto in Polonia, vengo nominato caporedattore centrale con diverse mansioni.
Le novità hanno l’effetto di una bomba dentro e fuori il giornale. Saranno cinque anni durissimi con una forte divisione in redazione, un’accesa conflittualità sindacale, scioperi mancati col giornale comunque in edicola fatto dal gruppo vicino alla direzione, un clima tesissimo che vede L’Unione al centro di continui attacchi della sinistra regionale e Liori che risponde con la virulenza dei suoi editoriali (gli costeranno diverse denunce e condanne per diffamazione). Principale bersaglio dei fondi è il presidente della giunta, l’ex magistrato Federico Palomba. La magistratura lo incalza e Grauso si sente accerchiato, tanto da decidere nel 1998 di scendere in politica fondando il Nuovo Movimento vicino a Forza Italia, prima candidato sindacato per le amministrative di Cagliari e poi alle regionali.
Tra la fine del capitolo Polonia e il coinvolgimento personale di Grauso nella politica, trascorre un biennio di importanti eventi iniziati con la scoperta di Internet, la creazione di Video On Line, l’uscita dell’Unione Sarda sul web, il lancio del provider sardo a livello internazionale con un tour mondiale, un successo di immagine straordinario che metterà la Sardegna e Cagliari in vetrina.
La sede del giornale in viale Regina Elena, in una elegante palazzina, ospiterà gli uffici di Video On Line, che tra il 1995 e metà del 1996, vedranno al lavoro numerosi talenti del web provenienti da ogni parte del mondo, tra cui il guru Nicholas Negroponte, direttore del “Media Laboratory” del prestigioso Mit di Boston. Qui era nata la multimedialità e si sviluppò il nuovo approccio ipertestuale che fece uscire Internet dall’esclusivo circuito delle università per portarlo nelle case e nelle aziende. Durante una convention a Boston (raccontata nell’Unione Sarda del 15 ottobre 1995) davanti a duemila invitati, Negroponte aveva “tessuto le lodi” di Video On Line definendolo «uno dei tre progetti al mondo che mostrano di aver capito meglio quali siano le reali potenzialità di Internet».
La nascita di VOL
Ma come era arrivato Grauso a realizzare Video On Line?Sull’argomento esistono tesi di laurea e diverse pubblicazioni. Nel mio libro già citato dedico la seconda parte all’avventura su Internet, con interviste, articoli e gli eventi che per due anni portarono la Sardegna alla ribalta mondiale.
L’inizio fu casuale. Tutto cominciò quando nella sede dell’Unione Sarda di viale Regina Elena arrivò un giovane ingegnere olandese dell’università di Delft. A Cagliari Reinier van Kleij conobbe Pietro Zanarini e Francesco Ruggiero, due giovani informatici del CRS4, centro di ricerche allora guidato dal premio Nobel Carlo Rubbia, già direttore del CERN (dove nacque il World Wide Web) e che utilizzavano già Internet. I tre (ai quali si aggiungerà l’informatico Luigi Filippini) diedero inizio ad una serie di sperimentazioni per portare L’Unione Sarda all’interno della rete. Quello che forse nacque un po’ come un gioco in pochi mesi divenne un progetto concreto: L’Unione Sarda diventò l’unico giornale italiano che poteva essere letto quotidianamente in tutto il mondo attraverso la rete.
Inoltre era il primo quotidiano ipertestuale in Europa. «Significa che – spiegò van Kleij ai primi stupiti interlocutori – partendo da un articolo dell’Unione Sarda, si può navigare all’infinito nel mare di Internet. Basta “cliccare” su una parola per cambiare rotta e procedere di argomento in argomento senza sosta».
In quell’estate del 1994 partecipai ai numerosi incontri, in gran parte informali, che si svolgevano a casa e negli uffici di Grauso il quale, parlando con esperti di ogni campo, cercava di capire la sostanza di Internet, ma soprattutto l’utilizzo immediato e gli scenari che si aprivano.
In Europa e in Italia esisteva da un trentennio, ma aveva avuto sino ad allora un uso esclusivamente militare ed universitario. Reinier van Kleij, system manager dell’Unione Sarda, aveva la necessità di dialogare via Internet con i colleghi in Olanda e per fare questo si attivò al CRS4 con il fisico Pietro Zanarini che a sua volta lavorava al CERN e conosceva il WWW (World Wide Web) la cui invenzione risale al ’93. Questo era un nuovo protocollo che permetteva di pubblicare testi ipertestuali. Nell’ottobre del ’93 c’era stato l’annuncio che The Washington Post sarebbe andato on line. Non fu il primo nel mondo perché il primato storico del WWW spetta al quotidiano californiano San José Mercury News.
L’Unione Sarda il primo quotidiano italiano sul web
Poi a novembre del ’93 arrivò uno stagista al CRS4, Francesco Ruggiero, che iniziò a lavorare ad un’ipotesi su come mettere questo giornale on line. «Un vantaggio dell’Unione Sarda – spiegò van Kleij – era che tutto era molto strutturato ed era quasi fatto per essere messo on line, perché l’articolo aveva i nomi strutturati, i titoli, le foto, l’occhiello, etc. Era molto facile quindi raccogliere i pezzi della pagina e trasformarli in linguaggio Html (hypertext markup language)».
Grauso scoprì casualmente gli esperimenti dell’olandese e cominciò a interessarsi al web. Nel volgere di poco tempo si arrivò a mettere in pratica le idee e a luglio del 1994 si riuscì a pubblicare in rete L’Unione Sarda.
È da qui che nasce Video On Line: era un progetto nel quale il giornale aveva un ruolo marginale, non era più il giornale on line, ma un portale generalista che dava dei servizi come la posta elettronica via web. Grauso, dunque, comprende che il giornale poteva essere solo una componente del progetto ed elabora Video On Line nel quale veniva inserito tutto. Dall’edicola virtuiale alla pubblicità.
«Grauso – raccontò poi il tecnico olandese – decise di creare un vero portale in cui il giornale avrebbe rappresentato solo una parte». Sicuramente Video On Line era un progetto molto innovativo e all’avanguardia della rete. Grauso aveva fondi propri per iniziare, un grande entusiasmo, molte speranze, ma nessuna certezza. Bisognava tracciare una rotta, poi navigare a vista nel “Mare Incognito” del web e vedere dove il vento lo avrebbe portato.
Nei mesi successivi alla messa on line del servizio ci fu un’ampia campagna di marketing e promozione con la diffusione del dischetto di accesso ad Internet in omaggio a vari quotidiani e settimanali (L’Unione, Panorama, il Sole 24 Ore), e l’offerta di accesso completamente gratuito per alcuni mesi tramite numero verde.
Il primo marzo 1995, dato ufficialmente il segnale di via, partì il flusso nelle due direzioni. Transitavano dati, immagini e suoni, ossia gli elementi che compongono il mondo delle telecomunicazioni. Milioni di informazioni circolavano nello stesso istante. Il collegamento non era ovviamente unidirezionale tra Stati Uniti ed Europa, ma si estese verso tutte le direzioni, toccando anche i Paesi ancora fuori dai circuiti telematici (ad esempio il mondo arabo). Le stime di allora, secondo gli esperti, prevedevano il coinvolgimento di oltre duecento milioni di possibili utenti in tempi brevissimi.
«Entro il 2000 – aveva predetto Grauso – il computer farà parte della normale dotazione elettronica di ogni casa, sarà possibile ordinare la spesa, un programma televisivo personalizzato, o più semplicemente dialogare con un amico dall’altra parte del globo grazie a Video On Line, Internet sarà la norma».
Il 24 febbraio 1995, seguendo la scia del quotidiano sardo, decise di entrare nella rete anche il quotidiano Il Manifesto, facendo così il suo ingresso nel cyberspazio, affiancandosi a Il Giorno e L’Unità, accessibili grazie a Video On Line.
Il tour mondiale
All’inizio del 1995 Grauso e il suo management pensarono di promuovere VOL in tutto il mondo con una capillare, quanto costosa, operazione di marketing. L’obiettivo era di individuare nei singoli Paesi dei possibili partner presentando agli addetti ai lavori e ai politici il servizio VOL in modo da creare una rete capace di gestire e “vendere” il marchio su scala planetaria. Un progetto davvero ambizioso, quanto entusiasmante. La sede storica dell’Unione Sarda, in viale Regina Elena cominciò ad essere frequentata da decine di tecnici ed esperti di ogni nazionalità, in maggioranza giovani: arrivarono americani, indiani, cinesi, africani e tanti italiani attirati dalla novità del progetto e dall’entusiasmo di Grauso che, in quel tempo, non risparmiava contratti prospettando allettanti aspettative di lavoro.
La prima tappa del tour “Over the World” si tenne alla grande fiera internazionale dell’informatica di Cannes. Qui lo stand di Video On Line fu in assoluto il più apprezzato ed ebbe il maggior successo. In seguito fu la volta del congresso internazionale degli editori a Parigi e della fiera della telematica a Sylicon Valley in California, ossia il cuore pulsante dell’intelligenza artificiale mondiale.
Tra gli altri appuntamenti previsti: il 28 aprile Video On Line fu presentato ad Atene, Alessandria D’Egitto e Sofia. Il 2 maggio a Istanbul, il 3 a Tunisi e Bucarest, il 5 Beirut e Budapest, il 9 Casablanca, il 10 San Pietroburgo e Berlino, il 12 Lisbona, il 13 ad Amman, il 15 a Mosca, il 16 a Madrid, il 17 a Shangai, il 18 a Bruxelles, il 19 a Barcellona, il 22 a Singapore, il 23 a Stoccolma, Parigi e Londra, il 26 a Copenaghen, Jakarta e Ginevra. Il 31 maggio a Tel Aviv e Tripoli. Il primo giugno a Johannesburg, il 7 giugno a New York e il 23 a Teheran.
Questo tour, preceduto da un’imponente campagna pubblicitaria, avveniva in città nelle quali Video On Line aveva sistemato un proprio server, un centro elettronico ed una rete telematica. In ogni paese erano stati sviluppati (o lo sarebbero stati) rapporti di collaborazione e scambi tecnico-commerciali con aziende informatiche, editoriali e industriali per la gestione delle reti locali e per lo sviluppo di progetti economico-finanziari.
Agli inizi di novembre fu organizzata nella sede dell’Unione Sarda una convention a cui parteciparono manager e diplomatici di 26 stati: Albania, Belgio, Bulgaria, Cina, Francia, Giordania, India, Iran, Libia, Malta, Palestina, Russia, Svizzera, Arabia Saudita, Brasile, Repubblica Ceca, Danimarca, Giappone, Grecia, Israele, Libano, Macao, Marocco, Polonia, Spagna e Tunisia, ovvero i potenziali partner della proposta “A local line all over the world”, illustrata nella primavera precedente in oltre 30 paesi.
Alla convention internazionale di novembre partecipò anche Renato Soru, un imprenditore sardo di 38 anni, laureato alla Bocconi di Milano, che sarebbe diventato il fondatore del gruppo Tiscali e, una volta entrato in politica, per cinque anni governatore della Sardegna.
La fine di un sogno
Tuttavia, appena un anno più tardi, nel 1996, Grauso aveva finito i fondi disponibili con una grande esposizione dei bilanci del Gruppo, e non vedeva, in termini economici, rientri e guadagni tali nel breve periodo da consentirgli di proseguire negli investimenti. L’avventura aveva assunto una dimensione enorme, impossibile da reggere per un editore dai mezzi importanti, ma comunque limitati. Il passo successivo, seppur doloroso, fu inevitabile: l’Internet service provider sardo fu venduto a Telecom Italia, che fece nascere l’unità business Tin.it.
Lo annunciarono le due società in una nota congiunta riportata da La Stampa, con un articolo apparso il 6 aprile 1996: «Il gruppo Grauso ricorda che dopo aver raggiunto nei servizi on line un livello di presenza, qualità ed immagine di tutto rilievo, recentemente ha deciso di rifocalizzare la propria attività sulla componente editoriale più legata alla tradizione ed al core business del gruppo: quotidiani, televisione, radio e l’attività cartaria acquisita da poco». Così fu costretto, suo malgrado, a passare la mano a Telecom che avrebbe incorporato e trasformato VOL.
Per Grauso iniziavano nuove avventure editoriali e persino politiche che lo avrebbero portato su altre strade, sino a dover vendere nel 1999 il suo gruppo storico L’Unione Sarda-Videolina che aveva guidato al successo internazionale e poi trascinato ad un passo dal disastro economico.
Grauso ritornerà in campo nel 2004 avviando una nuova, e anche qui innovativa esperienza, con il giornale EPOLIS confermando di essere sempre all’avanguardia nel panorama editoriale nazionale e soprattutto la sua infinita passione per i media. Ma questa è un’altra storia.
Per quanto riguarda L’Unione decisivo fu l’intervento finanziario e lungimirante del neo editore sardo Sergio Zuncheddu che, salvando il Gruppo dalla vendita a imprenditori non sardi, permise alla storica testata e alla prima emittente regionale di risistemare i conti e di passare ad una nuova fase di rilancio. Così come, faticosamente e puntualmente, è avvenuto nel volgere ormai di un ventennio.
Ed oggi il gruppo L’Unione Sarda-Videolina continua a mantenere la sua leadership nell’Isola, a sviluppare tecnologie e ad allargarsi sul web, per stare in linea con i tempi e con gli eventi del panorama editoriale nazionale.