Sulla Nato la vera partita

Le molte incognite per le tensioni tra Russia e Ucraina

La domanda di tutti è quando e se la Russia attaccherà l’Ucraina. La risposta di tutti è che nessuno lo può prevedere perché la situazione è tanto fluida quanto nebulosa. Analisti e opinionisti di siti specializzati e dei giornali sono molto prudenti e presentano un ventaglio di ipotesi che va dal quadro più fosco (l’invasione) alla prospettiva meno allarmante e cioè che Mosca abbia messo in atto un bluff per chiudere la partita sulla Nato. La discussione politica a livello internazionale si svolge su più tavoli, con il massimo coinvolgimento del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dei vertici della Nato, dell’Osce (organizzazione per la sicurezza e cooperazione in Europa), dell’Ue a Bruxelles, ma soprattutto con gli incontri bilaterali tra i vari Paesi coinvolti nelle trattative. A partire tra Mosca e Washington che giocano una partita a distanza, dove le dichiarazioni di disponibilità si scontrano su condizioni, veti e pretese. Anche il nostro premier Draghi ha avuto (tra i pochi leader) un colloquio diretto con Putin, ricevendo rassicurazioni sulle forniture di gas all’Italia, ma niente di concreto sulla de-escalation militare.

Di certo l’allarme resta alto e la tensione ai confini ucraini è al massimo, ma nulla dovrebbe accadere nelle prossime settimane durante i giochi olimpici di Pechino. La tregua rientra nelle origini religiose delle Olimpiadi antiche durante le quali cessava ogni guerra e i popoli della Grecia celebravano la pace in onore degli dei. Gli dei moderni sono i potenti della Terra e quindi è plausibile che mai Putin farebbe un torto all’amico e alleato Xi Jinping togliendogli il palcoscenico mondiale dell’evento. 

Cosa accadrà dopo? L’obiettivo di Putin è noto: Mosca non può accettare, né oggi e né mai, che l’Ucraina e anche la Georgia siano in lista d’attesa per entrare nella Nato. Per lo zar è impensabile la presenza di basi militari alle porte della Russia con missili che in pochi minuti possano raggiungere la capitale. Inoltre l’ammissione a membro effettivo prevede che, in caso di aggressione, i 27 Paesi per statuto avrebbero l’obbligo di entrare in guerra in difesa dell’alleato. Ucraina e Georgia non sarebbero più sole ad affrontare una minaccia, come accadde nei precedenti conflitti regionali del 2014 e del 2008 quando i russi favorirono la creazione di repubbliche separatiste e si presero la strategica Crimea.

Secondo lo scenario più temibile la Russia vuole riportare l’Ucraina nella sua sfera di influenza e per fare questo sarebbe pronta alla grande sfida lanciando l’invasione. Dopo il Donbass, occupare altre province di confine, scatenare cyber-attacchi o causare problemi all’economia per minare l’attuale governo non sarebbero però sufficienti allo scopo finale che è quello di insediare a Kiev una leadership totalmente filorussa. In un clima di crescente nazionalismo con il popolo che si prepara alla guerra, il cambio repentino di regime sarebbe quasi impossibile senza un possente intervento armato. Quindi l’ipotesi dell’attacco è ancora in piedi, tenendo conto delle divisioni internazionali tra americani ed europei, e tra gli stessi europei, sulle contromisure da adottare.

L’altro filone di esperti sostiene che non ci sarà alcuna guerra, ma si tratta di una mossa di Putin per chiudere una partita aperta da anni. Il piano è di arrivare ad un accordo definitivo sui confini della Nato che tenga fuori Ucraina e Georgia, con ulteriori limiti su basi e schieramenti militari negli altri Paesi dell’est continentale. Insomma, le esercitazioni in atto sarebbero propaganda, una prova di forza muscolare. Secondo gli analisti le truppe russe si stanno esercitando in una fascia regionale tra 250 e 400 km dai confini, mentre se si preparassero ad una vera offensiva dovrebbero posizionarsi ben più vicino. Inoltre 140 mila uomini sono molti, ma insufficienti per conquistare in breve un territorio vastissimo. Non ha senso, come detto, azzardare previsioni: una guerra può scoppiare per un incidente voluto o meno come l’abbattimento di un aereo o uno sconfinamento armato. Oppure può essere provocata ad arte, inventando un “casus belli” come i tanti di cui la storia racconta. Il mondo sta a guardare, le diplomazie sono al lavoro, gli ucraini si preparano alla mobilitazione nel gelo dell’inverno. Nessuno a parole vuole scatenare un conflitto dalle conseguenze devastanti. Ma per far cessare l’allarme occorre che tutti cedano qualcosa nelle rispettive posizioni. E ad oggi sembra difficile che la Nato possa accogliere le pretese di Putin sacrificando Kiev e Tbilisi sul piatto della pace. Mentre i russi continuano a inviare truppe e navi. 

Fonti:

L’Unione Sarda, 5 febbraio 2022

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