<Reduci dei Corpi e dei Reparti che ebbero l’onore di fregiarsi delle mostrine rosse e bianche della nostra Brigata. Come già nel 1940, nel ’41 e nel ’43 restammo uniti, ufficiali e soldati, accomunati nella fortuna e nella sventura, così siamo qui oggi raccolti per ritrovarci, per riconoscerci fratelli, per stringerci la mano…>: con queste parole l’anziano generale Paolo Angioy saluta gli ex della Brigata Cagliari arrivati a Vercelli il 10 aprile 1960 da tutta Italia. Molti sono anche i sardi, corregionali di Angioy che fu comandante della “Cagliari” nella seconda guerra mondiale. Di origine algherese (morì a Roma nel 1975 a 85 anni) nella sua lunga carriera di ufficiale partecipò alla spedizione in Libia, alla guerra di Spagna e ai due conflitti mondiali, finendo prigioniero in Polonia dopo l’8 settembre del 1943. Due gravi ferite e numerose medaglie nella biografia di questo sardo che ebbe l’incarico di guidare la “Cagliari” nella campagna di Grecia.
La Brigata del neonato esercito unitario fu istituita con due Reggimenti (il 63mo e 64mo di fanteria) nel 1862 proprio a Vercelli, dove quasi un secolo dopo si tenne il raduno dei reduci. Nel 1866 durante la terza guerra d’Indipendenza diventò l’ottava Divisione al comando del generale cagliaritano Efisio Cugia di Sant’Orsola, combattendo nella battaglia di Custoza che segnò una grave sconfitta per i Savoia. Di nuovo Brigata negli eventi bellici del Novecento a cui prese parte, sempre in prima linea, sino allo scioglimento nel 1943 in seguito all’armistizio e al caos in cui si ritrovò l’Esercito italiano. In estrema sintesi questa è la storia della “Cagliari”, meno nota della Brigata Sassari che nell’epica popolare ne ha oscurato la memoria di tante gesta eroiche compiute nel corso di 150 anni di vita. Dopo lo scioglimento alla fine dell’ultima guerra, infatti, fu ricostituita nel 1976 con il 63mo Battaglione che eredita nome, bandiera, tradizioni e motto del vecchio 63mo Reggimento e viene inserito nella Brigata Gorizia con sede in Friuli. La storia del corpo di fanteria intitolato al capoluogo sardo termina definitivamente il 30 novembre 1991 con l’estinzione del 63mo Battaglione.
Mentre della gloriosa e popolare Brigata Sassari si parla continuamente in occasione delle varie celebrazioni e delle numerose missioni all’estero, sulla “Cagliari” è calato il silenzio tanto che nella stessa città a cui fu intitolata non esistono vie, targhe o monumenti. Probabilmente perché la “Sassari” fu la prima unità con arruolamento regionale che ha mantenuto sino ad oggi, coinvolgendo quasi ogni famiglia sarda. La “Cagliari” istituita a Vercelli, con sede poi a Pinerolo, Salerno e in tempi recenti a San Lorenzo Isontino (Gorizia), invece non ebbe un radicamento regionale, ma fra i suoi comandanti, ufficiali e nelle truppa contò sempre molti sardi che si distinsero su tutti i fronti. E nella Grande guerra fu pure chiamata ad operare a fianco della “Sassari”.
A rievocarne le gesta e a ricostruirne le vicende un approfondito saggio apparso nell’ultimo numero dell’Almanacco di Cagliari, la tradizionale rivista pubblicata dal giornalista e storico Vittorio Scano giunta nel 2017 alla cinquantaduesima edizione. Tra i numerosi articoli in questo volume Scano ha voluto dedicare alcune pagine alla “Cagliari”, sottolineando che <la Brigata ha tutte le carte in regola per essere ricordata. A Vercelli e a Pinerolo esistono strade col suo nome, ma non altrettanto ha fatto la città che porta il suo nome. E di questo rimane il rammarico>. C’è sempre tempo, però, grazie anche ad un nuovo interesse che ha suscitato l’Almanacco, mentre non ha senso parlare di una ricostituzione poiché nel nuovo modello di Difesa già in atto nell’Esercito è prevista una totale riorganizzazione che prevede solo nove delle attuali undici Brigate.
A Roma- evidenzia l’Almanacco – resta il vessillo pluridecorato nella Sala delle Bandiere all’interno del Monumento al Milite Ignoto dove sono custoditi i drappi appartenuti alle formazioni militari soppresse. E restano le memorie degli ex “cagliarini”, come il discorso del generale Paolo Angioy al raduno di Vercelli. Un altro algherese, Mario Spada, combattè nella “Cagliari” sino al grado di maggiore in Libia, nella Grande Guerra, in Grecia e Albania nel 1943. Il nipote Alberto Lecis, presidente dell’Istituto del Nastro Azzurro che accoglie i decorati al valor militare e i familiari, conserva il diario dello zio: <La sera prima dell’8 settembre era a cena col comandante tedesco che poi lo fece arrestare e deportare in Germania perché si era rifiutato di passare con la Repubblica di Salò. Esattamente come fece il generale Angioy>, racconta Lecis: <Mio zio apparteneva ad una famiglia di nove fratelli, Alberto fu ucciso in Africa nel 1941 e decorato>. Nelle pagine del suo diario, Mario Spada ricorda l’inizio della sua carriera come sottufficiale della Brigata Sassari, poi ebbe la possibilità di frequentare l’Accademia e di diventare ufficiale passando alla Brigata Cagliari. <Binomio curioso> scrive Mario Spada: <prima la brigata della mia provincia di nascita e poi la brigata della provincia di nascita e residenza della mia famiglia. Dissi fra me: buon auspicio e difatti la Brigata Cagliari con una permenanza di tredici anni e numerosi pericoli al fronte, mi portò sempre fortuna>.
Carlo Figari