All‘età di 86 anni se n’è andato Alberto Aime, giornalista cagliaritano dell’Unione Sarda dove ha lavorato dai primi anni sessanta al 1989 quando è andato in pensione. Da cronista a redattore capo ha vissuto i periodi più floridi e combattuti del quotidiano, con articoli, commenti, inchieste e un paziente lavoro per coordinare le redazioni, a fianco di direttori quali Crivelli, Filippini e del capocronista d’eccellenza che fu Vittorino Fiori. Per quindici anni fu anche stimato presidente dell’Ordine dei giornalisti della Sardegna (dal 1976 al 1991). Erano tempi di notevole incremento della popolazione giornalistica, anche per la comparsa delle radio televisioni private. Alberto Aime – come sottolinea una nota dell’Ordine nel ricordare la sua scomparsa il 2 dicembre scorso – affrontò i problemi sempre pensando alla crescita dei colleghi e della professione. Laureato in Giurisprudenza, cominciò a collaborare col Quotidiano Sardo diretto da mons. Giuseppe Lepori per entrare giovane all’Unione, prima come correttore di bozze (all’epoca era un passaggio quasi obbligato) e poi come cronista. Professionista nel 1961 ha lavorato in tutte le redazioni del giornalista specializzandosi in alcuni settori quali il turismo e soprattutto i trasporti. Esperto di aerei, seguì le fasi di crescita delle compagnie aeree nell’Isola, avendo sempre strette relazioni con dirigenti di Alitalia, Alisarda poi Meridiana, Itavia e la compagnia navale Tirrenia. In epoca di grandi difficoltà per i sardi muoversi tra l’Isola e il “Continente” gli toccava scrivere spesso dei gravi problemi per gli scioperi, l’insufficienza e le carenze dei collegamenti. Cagliaritano “stampacino” doc (abitava nella centralissima piazza del Carmine) era un riferimento per i cittadini che trovavano in lui un portavoce dei problemi del quartiere sempre più decadente e della città che nel contempo cresceva rapidamente.
Da bambino visse da vicino i bombardamenti del 1943 che devastarono proprio il suo quartiere e la città e in occasione dei cinquant’anni (1993) da quella spaventosa tragedia che costò la vita a oltre mille cagliaritani, realizzò per conto dei Rotary Club cittadini una bella pubblicazione ricca di testimonianze (tra cui la sua) e immagini intitolata: “Cagliari, la città che non volle morire“.
La medesima pubblicazione in copia anastatica è stata ristampata dalle Grafiche Ghiani nel 2013 per l’anniversario dei 70 anni. ll libro contiene testi di diversi autori, testimoni oculari dei tragici avvenimenti, foto d’epoca concesse dalla Collezione Luigi Cosentino e dalla Soprintendenza Archivistica della Sardegna, filmati tratti dal documentario su S.Efisio di Marino Cao, concesse dalla RAI,e foto aeree di Cagliari della Aeronike. Pagine commoventi scritte col cuore del cagliaritano legatissimo alla storia della sua città. Qui sotto la copertina del volume.
Nel febbraio di quell’anno L’Unione Sarda ha pubblicato un inserto speciale di 16 pagine, da me curato, con in prima pagina un articolo concesso generosamente da Alberto che riprendeva l’originale saggio della pubblicazione. Già provato dagli anni, ma sempre lucidissimo e in buona salute, non è voluto mancare ai diversi appuntamenti organizzati dal giornale e dai Rotary per celebrare i morti della guerra.
Sinché ha potuto, è stato un membro partecipe e assiduo del più antico Rotary Club Host della città dove condivideva con amici, coetanei e colleghi le sue passioni per la cultura e la storia cittadina. A lui si deve anche un’altra importante pubblicazione celebrativa, il volume “Rari Nantes Cagliari 1909-2009” uscito in occasione del centenario della gloriosa società sportiva. Volumi preziosi e quasi introvabili anche nelle biblioteche.
Un gentiluomo in redazione
Il suo carattere colloquiale e pacato, da gentiluomo d’altri tempi, l’equilibrio e il rigore professionale gli avevano procurato la stima, l’amicizia e anche l’affetto di molti colleghi, anche al fuori dalla sua redazione. Elegante con uno stile British, amava vestirsi proprio all’inglese, e un po’ anglosassone oltre l’aspetto era il suo spirito. Sempre pronto alla battuta, spesso in casteddaiu, amante della cucina tradizionale cagliaritana, gli piaceva fare la spesa nelle pescherie e botteghe di fiducia del rione o nel mercato civico di San Benedetto, dove sapeva scegliere i prodotti più freschi e di qualità. Scriveva spesso di gastronomia ed era anche esperto di vini e delle tradizioni sarde.
Ho conosciuto Alberto Aime sin dai primi giorni del mio ingresso all’Unione, a metà degli anni Settanta, amico di famiglia e vicino di casa. Da lui ho subito avuto consigli e incoraggiamenti, trovando grande disponibilità e affetto. Lo ricordo girare per le stanze della vecchia redazione nel suo quotidiano lavoro di caporedattore sempre pronto alla battuta ed estremamente socievole, in un ambiente spesso surriscaldato da temperamenti esuberanti o fumantini. Lo ricordo, nelle notti di turno, in tipografia per chiudere le principali pagine, anche qui apprezzato e benvoluto da tutti i tipografi. A proposito ricordo un aneddoto che rimase vivo nel tempo e che si tramandava tra generazioni di noi cronisti. Il famoso “taglio alla Aime”. Ebbene, all’epoca della stampa a piombo, le colonne di articoli venivano sistemate sui banconi a fianco al telaio della pagina. Il tipografo sistemava il pezzo in base al disegno del menabò fatto dal caposervizio e lasciava la parte in avanzo sul bancone. Quando toccava ad Alberto effettuare un taglio, non si poneva molti problemi a leggere la bozza intera e con la penna a cancellare le righe tipografiche da eliminare. In modo perentorio chiedeva al tipografo: <<Dove fa punto?>> . E ordinava di tagliare il pezzo da quella riga. Non importa se poi c’erano ulteriori concetti (anche espressi nel titolo) che venivano scartati e gettati nella cassetta del piombo da rifondere. Se accadeva la colpa spettava all’autore dell’articolo che non si era attenuto alle buone regole del giornalismo che prevedono di scrivere la notizia con tutti i particolari nella “cappello” e nella parte centrale. Il finale, diceva Alberto, serviva per riempire la colonna…. Grande.
Cronista di razza e presidente dell’Ordine
Fu un cronista di razza, un ottimo e diplomatico presidente dell’Ordine grazie alle sue conoscenze della città e delle persone che contano che gli derivano dal ruolo ne giornale, ma soprattutto dal suo personaggio. Ha trasmesso la sua passione alla figlia Cristiana, attuale capocronista della Rai di Cagliari. Una lunga e piena vita, la sua. Il suo ricordo resta vivo tra i colleghi che lo hanno conosciuto e nelle collezioni dell’Unione Sarda nelle quali, sfogliando le pagine degli anni Sessanta e Settanta, spesso si nota la sua firma o la sigla A.A. sotto cronache e commenti importanti.
Con queste brevi note lascio il mio personale e commosso saluto ad Alberto Aime, di cui nel 1994 presi il posto di caporedattore centrale subentrando a Mauro Manunza che aveva brillantemente coperto quel ruolo prima di essere nominato vicedirettore.